Marah
Kids in Philly
E-squared/Artemis
2000

1/2


L’America del rock’n’roll ha una nuova strepitosa coppia di fratelli all’attacco: se non vi sono bastate e ancora oggi rimpiangete le gesta delle famiglie Alvin (Blasters, ovvio…) o Zanes (Del Fuegos, se qualcuno non ricorda…), accomodatevi pure in casa Bielanko, perché Serge e Dave hanno messo in piedi una band coi fiocchi ed al secondo lavoro (il primo per l’etichetta di Steve Earle, un nome, una garanzia) mostrano una maturità incredibile ed una fantasia nei suoni e negli arrangiamenti che fa quasi gridare al miracolo. Sono solo trentasette minuti di musica, ma come nei casi migliori della storia del rock, niente va buttato e tutto si gusta fino all’ultima nota: Kids in Philly non è infatti il solito disco, seppur dignitoso, di roots rock provinciale, che spesso affolla le pagine di RootsHighway. Qui c’è quel qualcosa in più che già negli anni passati ha saputo collocare sopra la massa gruppi quali Wilco, Whiskeytown o Blue Mountain, la capacità di riassumere le mille facce della musica americana e di scavare sotto la superficie, tra i bassifondi e le periferie del sogno americano. Le note squillanti del banjo e dell’armonica in Faraway you danno il via alla festa: la voce di Serge Bielanko si stende rauca e sofferta, il groove alle spalle è rock stradaiolo all’ennesima potenza e il motore della band gira già a pieno regime. Point Breeze risveglia in poco più di due minuti i fantasmi dello Springsteen giovane e spensierato con una somiglianza che rasenta il plagio. Christian street è un colpo basso che arriva dritto al cuore del rock’n’roll: c’è una sezione fiati che spinge sull’acceleratore, un banjo spaziale ed elettricità a non finire. Versatilità e sorpresa sono le parole d’ordine dei Marah, per cui nessuno si spaventi se It’s only money, Tyrone sfoggia un sound pop-rock da favola, che, non fosse per i gusti appaittiti dei network odierni, farebbe faville in ogni dove, mentre Catfisherman è una sabba ritmico che ti prende allo stomaco senza via di scampo. Round eye blue staziona tra le "streets of fire" di Springsteen; From the skyline of a great big town possiede un drive notturno ed affascinate come pochi e chitarre che parlano da sole; Barstool boys è un’oasi acustica, che sa tanto di alternative-country generation; History of where someone has been killed non è altro che grezzo e tosto rock’n’roll, con annesse chitarre assassine e This town chiude il sipario con i toni malinconici e crepuscolari della ballata acustica. Un biblietto da visita coi fiocchi per la band rivelazione del 2000: a rischio di smentite, questi ragazzi ne faranno di strada, perché il rock’n’roll lo vivono fino in fondo, e si sente.