Marty Stuart & His Fabolous Superlatives - Country Music Columbia 2003

Mancava all'appello da parecchio tempo Marty Stuart e se penso che il suo ultimo lavoro, l'ambizioso The Pilgrim, aveva probabilmente rappresentato uno dei vertici della sua carriera, non posso nascondere la curiosità e le aspettative che crescevano riguardo al suo ritorno. Con una certa dose di "modestia" il nostro ha deciso di intitolare il nuovo disco Country Music (qualcosa di equivalente al Ryan Adams di Rock'n'roll). Il rischio è di apparire un po' megalomani, specie se ti fai accompagnare da una band che si fa chiamare The Fabolous Superlatives. Non c'è che dire Marty Stuart è sicuro dei propri mezzi e non guarda in faccia a nessuno: ha tutti i diritti per farlo, perchè in questi anni è rimasto uno dei pochi a Nashville che sapessero il vero significato di country music. La sua generazione (che è poi, a grandi linee, quella dei vari Dwight Yoakam, Lyle Lovett, Rodney Crowell) ha rifondato questo genere dandogli nuova linfa: li chiamavano new traditionalists e Stuart ne ha fatto parte a pieno titolo. Rispetto ad altri suoi colleghi non ha avuto però la stessa costanza, alternando buone prove a dischi un po' sbiaditi, ma cimentandosi spesso come produttore e musicista conto terzi. Mi pare che Country Music segua questo andamento, un lavoro a due marce, a tratti ispiratissimo e coinvolgente, altre volte lontano dai suoi intenti (colpa forse della produzione di Justin Niebank, uno poco adatto al genere). E' difficile infatti definire country il sound di Fool for Love o Here I Am, qualcosa più vicino ad una sorta di pop-rock con pedal steel. La prima parte è contraddistinta da questi pasticci, anche se le melodie di A Satsfied Mind e If There Ain't There Ought' a Be funzionano. In netta crescita invece la parte centrale con Sundown In Nashville, By George e Wishful Thinkin', ruspante country-rock di prima scelta, oppure Farmer's Blues, una ballatona da brividi in coppia con Merle Haggard e l'honky-tonk sfrenato di Too Much Month (At the End of the Money). Nel finale compaiono il dobro di Jon Graves e il banjo di Earl Scruggs in Tip Your Hat, ma i risultati non sono quelli che ti aspetteresti: ottima la parte strumentale, ma il canto, alla maniera di un talkin', fa perdere tensione. Country Music certamente, ma con qualche riserva.
(Davide Albini)

www.martystuartmusic.com