Ryan Adams & the Cardinals - Cold Roses Lost Highway 2005
inserito 11/05/2005

Un doppio disco che avrebbe potuto comodamente uscire in versione singola, una rock'n'roll band nuova di zecca con cui condividere i meriti, una grafica elegante e misteriosa al tempo stesso, aspetti nemmeno tanto secondari che riassumono lo spirito "settantesco" di Cold Roses, "la rinascita" artistica di Ryan Adams, l'agognato ritorno nelle braccia della tradizione e del country rock, almeno stando alle sirene di quelli che ancora oggi si inginocchiano in preghiera davanti ai ricordi dei Whiskeytown o dell'esordio solista Heartbreaker. A costo di sembrare spocchiosi, ci permettiamo di dissentire con questa superficialità, da sempre accompagnata con un gioco al massacro nei confronti di un personaggio antipatico e incontrollabile (quest'anno pare ci regalerà altri due cd), un teppistello che maneggia la storia del rock americano assecondando i suoi capricci da star. Avrà pure le sue colpe Ryan Adams, vero genio o autentico bluff, ma francamente dietro Cold Roses ci sono solamente canzoni maledettamente belle e rotonde, che compongono un quadro molto più complesso di quello che si vuol far credere. Perchè Ryan Adams le canzoni le sa scrivere e interpretare con una perfezione che rasenta il miracoloso, aprendo spazi, ricordi, agganci ad un passato che è l'alfabeto dell'american music. A metà del guado, tra le livide suggestioni al neon e il rock newyorkese di Love is Hell, lo sposalizio tra pop e Americana sound di Pneumonia e la classicità di Gold, Cold Roses è un monumento all'arte della ballata urbana, con appendici country e folk più marcate, eppure sempre nuove all'ascolto. I Cardinals sembrano proprio la band adatta per l'occasione: le chitarre brillanti di J P Bowersock e la steel di Cindy Cashdollar sono un toccasana, un combo essenziale per le scorribande del leader, oggi più che mai in spolvero vocale, con l'appoggio di Rachel Yamagata ai cori. La produzione di Tom Schick non fa rimpiangere Ethan Johns e semmai opta per un suono ancora più corposo e luccicante, in cui sprizzano continui inyrecci fra chitarre acustiche ed elettriche. Oggi poi Ryan Adams è in vena di romanticherie, di struggimenti d'amore che lo rendono particolarmente giudizioso. Soprattutto nel primo round di questo doppio prodigio Adams ricorre spesso alle luci soffuse: Magnolia Mountain e Mockingbird scaricano tuoni elettrici e persino un pizzico di psichedelia su un tappeto che ha la forma della ballata infusa di soul, ma il resto è tutto una successione di irresistibili ganci elettro-acustici (una Cherry Lane che è classica al primo ascolto), di melodie dolcissime (Sweet Illusion, When Will You Come back Home) e fragili (Now That You're Gone, la pianistica How Do You Keep Love Alive), interrotte solo in una occasione dallo sbottare di Beautiful Sorta. La seconda ripresa risulterà ancora più trascinante, perchè semplicemente perfetta nel riassumere la cifra stilistica di Ryan Adams: l'incedere country rock armonioso di Let it Ride e If I Am Stranger, il rock dal taglio seventies della stessa Cold Roses e Life is Beautiful, e poi ancora una Dance all Night con armonica dylaniana che aggiorna la Firecracker contenuta in Gold, e poi...e poi scoprite il resto da soli, che ne vale la pena, tanto si è capito che questo è uno dei dischi dell'anno
(Fabio Cerbone)

www.ryan-adams.com