inserito 15/10/2007

Tom Gillam
Never Look Back
[
Blue Rose/IRD 2007]

Strana storia. Tom Gillam, nelle sue biografie circolanti in rete, si diverte a dire di essere morto nel 2006. In realtà, è reduce da tre arresti cardiaci tutti verificatisi nello stesso anno. Non una passeggiata, certo. Verrebbe a questo punto da fare la solita battuta sulla pellaccia del vecchio rocker che non crepa mai (come i dischi, diceva Ian Hunter), e non solo per ridare fiato a una mitologia forse più nutrita da luoghi comuni che da vere e proprie circostanze. No, il punto è che questo Never Look Back, secondo album di Gillam e dei suoi Tractor Pull dopo l'altrettanto interessante Shake My Hand (2005), mette in mostra tale e tanta fiducia nel classic-rock degli anni '70, tanto candore nel rifarsi al suo schema esecutivo delle due chitarre (Craig Simon e Joe Carroll), del basso (Tim McMaster) e della batteria (Dave Latimer), da far credere che in qualche modo il rock'n'roll possa ancora suonare vivo, grintoso ed efficace anche solo ripetendo all'infinito il solito paradigma con una congrua dose di freschezza ed entusiasmo. E' chiaro che chi cerca scarti stilistici o improvvise deviazioni rispetto alla norma farebbe bene a rivolgersi altrove. Chi invece proprio da quella norma intende farsi rassicurare, riassaporando magari vecchie certezze piuttosto che arrabattarsi nel cercarne di nuove (non c'è niente di male, giusto?), troverà in Never Look Back undici canzoni da cui farsi accompagnare almeno per un po'. Difficile che chi bazzica la scrittura rock e le sue strade più periferiche non trovi motivi d'interesse in una scaletta sempre e comunque sostenuta da un'esuberanza del tutto genuina: sia che provi ad alzare la posta in gioco attraverso una Rainbow Girl che sposa il drive febbricitante dei Crazy Horse con l'incalzare ritmico delle band sudiste sia che omaggi una delle voci più affascinanti della canzone d'autore di trent'anni fa tramite un lamento bluesy alla Tony Joe White (Where Is Bobby Gentry?), sia che acceleri sul versante del rock a stelle e strisce (Another Breakup Song, Rescue Me, That's How It Goes) sia che si adagi tra le note più convenzionali di un roots-rock dai tempi medi (Medicine Train, To Hell With It All, la title-track), Gillam riesce in ogni caso a estrarre dal cilindro quel tanto di fervore necessario a far sorridere benevolo anche l'ascoltatore più scettico. Lo dico un'altra volta ancora: non è di sicuro l'originalità l'asso nella manica di Tom Gillam. La dodici corde byrdsiana di I Ain't Waiting arriva dritta dritta dai dischi di Tom Petty. Il country-rock torrenziale di Carolina deve senz'altro qualcosa ai brani più rootsy dei Little Feat. Ma il fatto che entrambe suonino ugualmente fresche e vivaci ci dice che le buone ricette, se sono preparate da un cuoco abbastanza appassionato, davvero non stancano mai.
(Gianfranco Callieri)

www.tomgillam.com
www.bluerose-records.com


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