inserito 06/07/2007

Elvis Perkins
Ash Wednesday
[XL recordings 2007]

1/2

Parlandone da italiani, quindi da un paese dove il nepotismo continua a regnare sovrano e a uccidere le migliori intelligenze disponibili, dei figli d'arte c'è sempre da dubitare. Figurarsi del figlio di Anthony Perkins (e della modella, fotografa e attrice Berry Berenson)! Voglio dire, se sei l'erede di un tizio che era solito imbacuccarsi come la madre uccisa e accoltellare avvenenti fanciulle sotto la doccia, è facile che qualche rotella ti esca dalla carreggiata molto presto. Non posso garantire, insomma, circa la sanità mentale di Elvis Perkins, ma dal suo debutto discografico tutto trapela tranne che pazzia, sventatezza o irrazionalità. Piuttosto - questa sì - una profonda tristezza, un'asfissiante cappa di malinconia che avvolge tutte le canzoni di Ash Wednesday e finisce per diventare la cifra stilistica predominante dell'intero album. Ciò detto, Perkins dimostra ottima stoffa nell'inseguire classici del malumore del calibro di Van Morrison e Leonard Cohen. Il drumming soffuso di Gary Mallaber gli garantisce un soffice tappeto percussivo su cui distendere dispiaceri e acquerelli folkie, al resto ci pensano le canzoni. E che canzoni! La cascata di diminuite della stupenda While You Where Sleeping, per dire, apre il disco catturando immediatamente l'attenzione e stipulando un sublime patto semi-acustico col fantasma di John Lennon e con l'ombra di Paul Simon. Il che, per un esordiente, non è affatto male. Soprattutto se l'esordiente in questione, peraltro provvisto di una voce che non può non ricordare il David Gray più gentile, si dimostra altrettanto magnetico nell'affrontare il rutilante pop orchestrale di Sleep Sandwich (con un trionfo di vibrafoni, trombe e percussioni che farebbe la felicità di Rufus Wainwright) o lo squisito mood notturno di una All The Night Without Love tra Beatles e Donovan. Sa anche scrivere dei testi interessanti, Elvis Perkins, e lo dimostra in particolar modo nella divertita Shampoo, dove ricorre a una buffa citazione di Nina Simone per delineare l'ennesimo ritratto di un outsider senza speranza divorato dall'alienazione. Perché sì, nell'universo artistico di Perkins sembra anche esserci spazio per l'ironia e per la tenerezza, ma a un certo punto, inesorabilmente, tutto viene ricondotto a un avvilimento irreparabile, a un'abissale costernazione derivante forse dalla presa d'atto della personale vulnerabilità emotiva (non dimentichiamo, in fondo, che entrambi i genitori del ragazzo sono morti di AIDS). E in fondo anch'io la penso come lui e come il titolo di uno di questi brani, penso che "è un mondo triste, dopotutto", perciò mi ritengo fortunato quando incontro dischi come Ash Wednesday, i cui colori, ancorché foschi, hanno la capacità di farcelo sembrare per qualche ascolto meno freddo e distante.
(Gianfranco Callieri)

www.elvisperkins.net
www.xlrecordings.com


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