inserito 27/10/2008

Rachel Harrington
City of Refugee
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Rachel Harrington 2008
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Con una copertina che non lascia molto spazio all'immaginazione, ci immergiamo nell'evocazione della mitologia West americana grazie al nuovo lavoro della cantautrice dell'Oregon, Rachel Harrington, di cui vi avevamo già dato notizie lo scorso anno con il suo tardivo debutto The Bootleger's Daughter. Cresciuta infatti prima come performer e autrice, Rachel si è decisa a dare una sterzata netta alla sua carriera discografica soltanto dopo l'interessamento di numerosi musicisti dell'area old time e bluegrass dell'altra Nashville, tanto è vero che possiamo scorgere fra i collaboratori di questo City of Refugee il bravisismo Tim O'Brien al fiddle, il polistrumentista Zak Borden alle chitarre e mandolino, l'onnipresente Mike Grigoni al dobro e pedal steel, personaggi che arricchiscono un disco comunque pregevole già di suo, almeno giudicando dal songwriting.

Rachel Harrington non si limita difatti a riprendere i suoni della tradizione, rimanendo in questo molto fedele a quel country folk rurale che ha decretato il successo di Gillian Welch o Iris Dement, per citare alcune colleghe a lei vicine artisticamente, ma cerca anche di impreziosire i contenuti delle sue ballate cantando l'America della leggenda attraverso storie e volti il più possibile interessanti (l'episodio Carver dedicato al grande scrittore americano). In tal senso mi pare utile sottolineare la presenza non solo di qualche immancabile traditional, tra cui il medley Old time Religion/ Working on a Building contraddistinto dalla presenza del clarinetto di Dajan Kei, ma anche di brani originali che possiedono tutto il calore del passato, evocando ballate acustiche perse nella grande storia del folklore. Il disco inoltre dura davvero lo spazio di un batter d'ali, poco più di trenta minuti, seguendo in fondo una regola tipica delle produzioni folk di un tempo: così facendo non spreca una sola nota e se qualcuno storcerà il naso per la breve durata, non avrà forse intuito l'adesione totale della Harrington alla memoria che rappresenta.

Credo invece fermamente che vada premiata la delicatezza del canto e la poesia acustica che soffia sull'esecuzione di Karen Kane e Angel Boy: il suono distante e malinconico di un banjo o di un violino, la voce delicata della protagonista, niente in più del necessario per commuovere l'ascoltatore. Vicende che si accompagnano ai ricordi di donne abbandonate, prostitute vissute ai tempi della corsa all'oro vero l'Alaska, oppure vere e proprie figure storiche legate alla cronaca locale: tra queste Harry Truman (nulla che fare con l'omonimo presidente americano), anziano residente di Mount St. Helen nella stato di Wasshington che decise conscientemente di morire sotto il vulcano in eruzione perché legato in maniera indissolubile a quella montagna.
Tra le migliori proposte di ispirazione old time di questo 2008.
(Davide Albini)

www.rachelharrington.net
www.myspace.com/rachelharrington


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