Ma pazzesco! Il direttore mi passa questo disco, del quale non so nulla.
Vado in rete per raccattare qualche informazione e leggo: "Thief And Rescue
suona come un album perduto di Lou Reed, registrato ad Austin tra Rock
And Roll Heart e Street Hassle." Wow!, penso, e contestualmente scopro
che dentro c'è pure Will Sheff, leader degli Okkervil River (band
che apprezzo molto), che di Lee Barber, nato a Baton Rouge ma da
trent'anni residente in Texas, dice: "Sono pochi i songwriters capaci
di scrivere una classica ballata da piangerci su con la sua dignità e
la sua modestia." Bene, benissimo, già mi immagino una strabiliante
scoperta discografica di quelle per cui vantarsi, un gran disco di rock
and roll come dio comanda, elettrico e metropolitano, tradizionalista
nella scrittura e contemporaneo nell'urgenza espressiva (come gli Okkervil),
addirittura prodotto con tutti i crismi da Brian Beattie, un luminare
dell'indie-rock di stanza tra Austin e dintorni.
Insomma, infilo il cd nel lettore e... oh dio, oh dio, cos'è questa nenia
insopportabile, cosa sono questi rachitici sbuffi elettrici, cos'è questa
voce totalmente priva di sfumature ed estensione? Ma la sentite Gloryland
Bus Driver, la sentite The Monkey
And The Ass, la sentite Darla
(appunto quella dove appare Sheff), le sentite queste canzoncine che tirano
cinque minuti su un accordo e mezzo, il che non sarebbe necessariamente
un male, ma un accordo talmente brutto, scombinato e cacofonico come avrebbe
potuto almanaccarlo un Tom Verlaine appisolatosi per sbaglio sulla pila
di canottiere sozze di Richard Hell? Dico, prendete quella cosina di Something's
Moving, pur simpatica, nel suo azzardare un rockaccio stonesiano
con tanto di fiati, eppure tutta così "storta" e macilenta che Johnatan
Richman, al confronto, sembra gli Yes... E poi la voce, la voce di Barber:
forse che a Baton Rouge o a Austin non ci sono dei bravi foniatri? Queste
cose si curano, sapete (e suonano meglio, in ogni caso, nella spoglia
dimensione acustica della discreta All Night
Long o nel mantra interminabile della notturna Let's
Get Lost, il brano migliore, nonché il meno prevedibile, dell'intero
programma).
Ora, io non ce l'ho con Lee Barber. Non ce l'ho con lui perché ha un sito
internet che, in effetti, sprizza understatement e bonomia da ogni carattere,
perciò quasi mi dispiace parlarne male (anche se, caro Lee, quando affermi
di aver voluto cogliere un suono tra Stephen Foster e George Harrison,
tra Townes Van Zandt e V.D. Parks forse esageri un po', e poi Parks si
chiama "Van Dyke", non "Van Dyck", che sembra equivoco). Capisco che abbia
divorziato da poco e sia sconvolto da Katrina (ancora?). Io, però, sono
sconvolto non tanto dal suo disco, ché di questi tempi arrivano alle orecchie
nefandezze ben peggiori, quanto dalla totale mancanza di obiettività dell'informazione
che gli gira intorno. De gustibus, sentenzierà qualcuno, quando invece,
una volta per tutte, sarebbe il caso di mettersi a riflettere sul senso
e la serietà di una critica, sempre più dilagante, fatta da amici e conoscenti
ad uso e consumo di quegli stessi amici e conoscenti. (Gianfranco Callieri)