inserito 02/12/2009

Califone
All My Friends are Funeral Singers
[Dead Oceans
2009
]



In un disco che nasce come colonna sonora dell'ominomo film, scritto e diretto dal leader Tim Rutili, e dove una canzone omaggia esplicitamente nel titolo il regista Luis Bunuel, la luna di miele dei Califone con le loro visioni musicali dal taglio cinematografico non conosce tregua. All my Friends are Funeral Singers - titolo quanto mai affascinante che si accompagna ad un lungometraggio presto in proiezione nei circuiti indipendenti americani - è la narrazione in musica di una singolare storia, tra fantasmi e boschi, ancora una volta perno di una poetica che risveglia le forze ancestrali del folklore americano, declinandole però con quella struttura così sghemba e ritmicamente moderna che appartiene alla band di Chicago. Il gruppo di Tim Rutili e Ben Massarella prosegue un cammino fatto di disturbi, rumori, silenzi e scoppi improvvisi, sotto i quali cova una forma di ballata tradizionalissima, eppure spezzata, destrutturata meglio secondo i canoni di quello che qualche stagione addietro avremmo chiamato post rock.

In All my Friends are Funeral Singers per la verità c'è meno provocazione ritmica del previsto e se si esclude l'apertura spiazzante di Giving Away the Bride, brano che condensa dieci anni di carriera dei Califone fra loop elettronici e radici folk blues, il resto del lavoro emana un profumo più disteso e persino "conservatore", badando a riprendere i fili della canzone, della melodia, inventandosi di tanto in tanto quelche diversivo ma senza stravolgere l'anima rurale delle composizioni. In tal senso apparirà meno claustrofobico e forse "rivoluzionario" di Heroin King Blues e Quicksand/Cradlesnake, dischi letteralmente incensati per la loro posizione di avanguardia nel trattare il lascito della tradizione. Qui i Califone sono semplicemente "normali" e guarda caso ci sembrano anche più concentrati nel far emergere emozioni, in costrasto con quella apparente freddezza e quell'insieme di stridori elettronici del passato.

A conti fatti, pur con tutti i loro ammennicoli di percussioni e interferenze sonore, 1928, la sussurrata Polish Girls, il primo singolo estratto - dall'anima rock - Funeral Singers o la stessa, anticipata, Buñuel, piccolo capolavoro dalle fragranze hillbilly nel suono del fiddle (Jim Becker), sono esempi di una formazione più legata alla terra che allo spazio, come potrebbe far pensare la sua attitudine sperimentale. Diversi i momenti in cui All my Friends are Funeral Singers ritorna infatti al mistero oscuro della folk music, ricordando insomma più Bonnie Prince Billy rispetto a Beck, soltanto per lanciare una provocazione: intenso il battito primordiale di Ape-like, straniante la chitarra acustica di Alice Marble Gray e ancor più l'accoppiata fra slide e violino in Salt, qualcosa che potrebbe uscire da un vecchio 78 giri di Dock Boggs o dell'Anthology di Harry Smiths. Passaggi che non impediscono ai Califone di mantenere la loro voce fuori sincrono (il finale di Better Angels), quella scrittura un po' obliqua che li tiene aggrappati alla modernità pur in tutta la loro attrazione fatale verso il passato.
(Fabio Cerbone)

www.califonemusic.com
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