Driving home, we were wonderng if it was even going to get finished...
un'unica, grande nota di copertina che sintetizza al meglio lo spirito
di questo Highway Gothic. I DeSoto Rust sono una
band di stanza a Philadelphia e l'album registrato lo scorso mese di febbraio
nella città della Liberty Bell sotto la produzione di Joe Caroll (già
al fianco di Tom Gillam, Ben Arnold e Joseph Parsons) è il terzo capitolo
di una parabola che nel giro di pochi anni, ricordiamo che la band si
è formata nel 2004, ha già prodotto frutti interessanti. Musicalmente
i DeSoto Rust, in cui militano Ray Hunter alla voce e chitarra
ritmica, Dave Reeve alle batteria e percussioni, Steve Savage al basso,
lap steel e David Otwell alla chitarra solista e mandolino, paiono percorrere
- almeno sulle prime battute - strade molto vicine allo Springsteen più
grezzo ed elettrico, declinando però il tutto con sfumature proprie del
roots rock. All Riders... All Nighters e
San Angelo sono due starter piazzati
proprio all'inizio dell'album che, in questo senso, funzionano alla grande
dando subito il polso di una band che ha fatto della mitologia legata
alla strada (un'occhiata a copertina e booklet per cancellare ogni dubbio
sono più che sufficienti) il proprio credo estetico e il set di molte
canzoni.
Blue collar rock che, se non fa dell'originalità la sua prima qualità,
scorre via grezzo e onesto come deve suonare. Tenendo il Boss come stazione
di partenza, tanti sono gli echi e i bagliori che si incrociano via via
che le tracce scorrono sullo stereo: il rock dei DeSoto Rust si radica
infatti a quelle note parentele artistiche che hanno generato l'immaginario
e il suono dell'Uomo del Jersey (il taglio di voce di John Fogerty si
riconosce in Northern Road) o che
semplicemente ne hanno condiviso intenti e orientamenti (l'ombra lunga
del Steve Earle più melodico e spaccacuore appare in
Open Road mentre alle spalle di Ray Hunter il resto della band
fa il verso ai Dukes con tanto di mandolino). I più filologici ci troveranno
anche qualche sprazzo di Joe Grushecky nei capitoli maggiormente votati
all'elettricità.
La chiusura dell'album è affidata alla rilettura elettrica della dylaniana
New Morning. Come a dire che dopo
tanto vagabondare in lungo e in largo su highways assolate o inondate
da piogge battenti (sia che cerchiate qualcosa o che scappiate da qualcosa)
è sempre alla corte del Poeta che si trova riparo e, per chi ancora crede
al grande sogno, anche un posto dove "camminare nel sole". I DeSotoRust
con questo disco proseguono il viaggio nell'iconografia e nella sostanza
di un tòpos legato a doppio filo alla storia e alla geografia americana:
la strada. Lo fanno ponendo Highway Gothic in diretta continuità - per
lo meno dal punto di vista delle tematiche - col precedente Greene Country
Towne datato 2006. Semplici e convincenti.
(Luca Muchetti)