inserito 01/12/2009

Luther Dickinson & The Sons of Mudboy
Onward and Upward
[
Memphis Int'L/Merless
2009]



Musicista per Aretha Franklin, Bob Dylan, Rolling Stones e Flamin Groovies. Produttore di Green On Red, Replacements, Screamin' Jay Hawkins, Willy DeVille, Mudhoney e Tav Falco. Leader dei Mudboy & The Neutrons, uno sgangherato intruglio di swamp-blues, country e rock and roll poco documentato su disco ma di sicuro ascoltato a lungo da molte giovani bands del sud degli Stati Uniti. Se non l'aveste capito, questa è solo una piccola parte del curriculum di Jim Dickinson, corpulento figlio dell'Arkansas (era nato a Little Rock nel 1941) da sempre identificato con la musica di quella Memphis dove si era trasferito giovanissimo e la cui tradizione, infarcita di country, gospel e r'n'r, ha amato visceralmente e promosso senza sosta per una vita intera. Dickinson se n'è andato il 15 agosto di quest'anno, in un letto dell'Ospedale Metodista della sua adorata città: nemmeno il terzo by-pass è stato sufficiente a tenerlo fra noi. Ma come diceva lui, "rifiuto di celebrare la morte. La mia vita è stata un miracolo, ben al di là di qualsiasi cosa potessi aspettarmi o meritare". Jim lascia due figli adulti, Luther e Cody, meglio noti come North Mississippi Allstars. E siccome è vero che ognuno affronta certi eventi nella maniera che reputa migliore, se Cody s'è chiuso in un comprensibile e rispettabilissimo riserbo, Luther ha radunato qualche vecchia conoscenza, qualche amico della scena locale e un volto nuovo, di passaggio ai paterni Zebra Ranch (in pratica, gli studios-fattoria di papà Jim), per orchestrare assieme a loro non tanto un omaggio in musica, bensì una vera e propria orazione funebre, ubriaca di blues, country e malinconia.

Luther Dickinson e i Sons Of Mudboy suonano spartani, sbilenchi, sofferti. A parte la catarsi personale, evocata anche nelle scarne note di copertina, i brani di Onward And Upward lasciano trapelare un senso di mistica incertezza, configurando tutto l'orrore e lo spavento dell'uomo di fronte all'assenza (o all'invadenza) del Creatore. Ci sono le autografe Let It Roll, un triste lamento di slide scritto da Dickinson Jr la mattina dell'incisione, e Up Over Yonder, sbrindellata folkie-ballad composta da Luther in occasione del trapasso della madre, e ci sono una stringa di gospel e spirituals affrontati in modo secco e privo di fronzoli, secondo i dettami di un folk-blues terragno e grigiastro, non gotico, furibondo e minaccioso alla maniera, per dire, dei 16 Horsepower, ma infinitamente mesto, rassegnato come il braccio dell'alcolizzato che scivola esausto dal petto, dimesso come chi vive la povertà alla stregua di un flagello ineluttabile, laconico come lo sguardo di chi osserva l'esistenza senza mai intravedere uno straccio di seconda possibilità.

Non è un disco per tutti, Onward And Upward: non tutti, e non in tutti i momenti, possiedono la giusta disposizione d'animo per affrontare ciò che assomiglia a una trascrizione hillbilly, annerita nella pece, degli album anni '70 della Nitty Gritty Dirt Band, alla controparte acustica, sibilante e scorticata di O Come Look At The Burning ('05) di Kevin Gordon, a un lavoro della Fat Possum dove l'elettricità viene barattata con un misero telaio unplugged in cui ogni nota risuona come un singhiozzo, una lacrima, un gemito. Il gospel sconsolato di Leaning On The Everlasting Arms e Softly & Tenderly viene dalle funzioni cui Luther assisteva nelle domeniche di venticinque anni fa, alla Chiesa Battista di Second Avenue; Back Back Train e Keep Your Lamp Trimmed da un dimenticato vinile di Mississippi Fred McDowell, Amazing Grace: Mississippi Delta Spirituals By The Hunter's Chapel Singers Of Como, Miss. ('66); il country-gospel di Glory Glory dalle performance di Otha Turner, vetusto specialista del flauto militare cresciuto nella Madison County; His Eye Is On The Sparrow e You've Got To Walk That Lonesome Highway dalla voce dei common people, che simili traditionals li cantano da un secolo per cementare un'amicizia o far fronte alle difficoltà del quotidiano.

A impacchettare il programma provvedono il banjo e il mandolino di Jimbo Mathus degli Squirrel Nut Zippers, il dobro di Steve Selvidge, la tuba di Paul Taylor, la voce di Shannon McNally, la sei corde di Sid Selvidge e la washboard di Jimmy Crosthwait (gli ultimi due già membri originari di Mud Boy & The Neutrons). Due microfoni unidirezionali collegati a un due-piste, nessun lavoro di post-produzione. John Fry, il pigmalione dei Big Star (che con Dickinson Sr collaborarono), a masterizzare il tutto negli Ardent Studios. E' raro, al giorno d'oggi, imbattersi in un disco con tanta storia e tanta musica alle spalle, entrambe, peraltro, sfruttate esclusivamente per liberare il flusso di un pianto selvatico. Ascoltate Onward And Upward, e non potrete che annuire di fronte alle parole scelte da Jim Dickinson per il suo epitaffio: "Non sono morto. Me ne sono solo andato via".
(Gianfranco Callieri)

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