Luther
Dickinson & The Sons of Mudboy
Onward and Upward
[Memphis
Int'L/Merless
2009]
Musicista per Aretha Franklin, Bob Dylan, Rolling Stones e Flamin Groovies.
Produttore di Green On Red, Replacements, Screamin' Jay Hawkins, Willy
DeVille, Mudhoney e Tav Falco. Leader dei Mudboy & The Neutrons, uno sgangherato
intruglio di swamp-blues, country e rock and roll poco documentato su
disco ma di sicuro ascoltato a lungo da molte giovani bands del sud degli
Stati Uniti. Se non l'aveste capito, questa è solo una piccola parte del
curriculum di Jim Dickinson, corpulento figlio dell'Arkansas (era
nato a Little Rock nel 1941) da sempre identificato con la musica di quella
Memphis dove si era trasferito giovanissimo e la cui tradizione, infarcita
di country, gospel e r'n'r, ha amato visceralmente e promosso senza sosta
per una vita intera. Dickinson se n'è andato il 15 agosto di quest'anno,
in un letto dell'Ospedale Metodista della sua adorata città: nemmeno il
terzo by-pass è stato sufficiente a tenerlo fra noi. Ma come diceva lui,
"rifiuto di celebrare la morte. La mia vita è stata un miracolo, ben
al di là di qualsiasi cosa potessi aspettarmi o meritare". Jim lascia
due figli adulti, Luther e Cody, meglio noti come North Mississippi Allstars.
E siccome è vero che ognuno affronta certi eventi nella maniera che reputa
migliore, se Cody s'è chiuso in un comprensibile e rispettabilissimo riserbo,
Luther ha radunato qualche vecchia conoscenza, qualche amico della
scena locale e un volto nuovo, di passaggio ai paterni Zebra Ranch (in
pratica, gli studios-fattoria di papà Jim), per orchestrare assieme a
loro non tanto un omaggio in musica, bensì una vera e propria orazione
funebre, ubriaca di blues, country e malinconia.
Luther Dickinson e i Sons Of Mudboy suonano spartani, sbilenchi,
sofferti. A parte la catarsi personale, evocata anche nelle scarne note
di copertina, i brani di Onward And Upward lasciano trapelare
un senso di mistica incertezza, configurando tutto l'orrore e lo spavento
dell'uomo di fronte all'assenza (o all'invadenza) del Creatore. Ci sono
le autografe Let It Roll, un triste
lamento di slide scritto da Dickinson Jr la mattina dell'incisione, e
Up Over Yonder, sbrindellata folkie-ballad
composta da Luther in occasione del trapasso della madre, e ci sono una
stringa di gospel e spirituals affrontati in modo secco e privo di fronzoli,
secondo i dettami di un folk-blues terragno e grigiastro, non gotico,
furibondo e minaccioso alla maniera, per dire, dei 16 Horsepower, ma infinitamente
mesto, rassegnato come il braccio dell'alcolizzato che scivola esausto
dal petto, dimesso come chi vive la povertà alla stregua di un flagello
ineluttabile, laconico come lo sguardo di chi osserva l'esistenza senza
mai intravedere uno straccio di seconda possibilità.
Non è un disco per tutti, Onward And Upward: non tutti, e non in tutti
i momenti, possiedono la giusta disposizione d'animo per affrontare ciò
che assomiglia a una trascrizione hillbilly, annerita nella pece, degli
album anni '70 della Nitty Gritty Dirt Band, alla controparte acustica,
sibilante e scorticata di O Come Look At The Burning ('05) di Kevin Gordon,
a un lavoro della Fat Possum dove l'elettricità viene barattata con un
misero telaio unplugged in cui ogni nota risuona come un singhiozzo, una
lacrima, un gemito. Il gospel sconsolato di Leaning
On The Everlasting Arms e Softly &
Tenderly viene dalle funzioni cui Luther assisteva nelle domeniche
di venticinque anni fa, alla Chiesa Battista di Second Avenue;
Back Back Train e Keep Your Lamp
Trimmed da un dimenticato vinile di Mississippi Fred McDowell,
Amazing Grace: Mississippi Delta Spirituals By The Hunter's Chapel Singers
Of Como, Miss. ('66); il country-gospel di Glory
Glory dalle performance di Otha Turner, vetusto specialista
del flauto militare cresciuto nella Madison County; His
Eye Is On The Sparrow e You've Got
To Walk That Lonesome Highway dalla voce dei common people,
che simili traditionals li cantano da un secolo per cementare un'amicizia
o far fronte alle difficoltà del quotidiano.
A impacchettare il programma provvedono il banjo e il mandolino di
Jimbo Mathus degli Squirrel Nut Zippers, il dobro di Steve Selvidge,
la tuba di Paul Taylor, la voce di Shannon McNally, la sei corde
di Sid Selvidge e la washboard di Jimmy Crosthwait (gli ultimi due già
membri originari di Mud Boy & The Neutrons). Due microfoni unidirezionali
collegati a un due-piste, nessun lavoro di post-produzione. John Fry,
il pigmalione dei Big Star (che con Dickinson Sr collaborarono), a masterizzare
il tutto negli Ardent Studios. E' raro, al giorno d'oggi, imbattersi in
un disco con tanta storia e tanta musica alle spalle, entrambe, peraltro,
sfruttate esclusivamente per liberare il flusso di un pianto selvatico.
Ascoltate Onward And Upward, e non potrete che annuire di
fronte alle parole scelte da Jim Dickinson per il suo epitaffio: "Non
sono morto. Me ne sono solo andato via". (Gianfranco Callieri)