inserito 05/03/2010

David Massey
So Many Roads
[
Poetic Debris Records  2009
]



Nella vita fa tutt'altro, David Massey, e forse questo è uno dei segreti - se non il più importante - che gli permettono di dedicarsi alla sua passione - la musica, ovviamente - senza la minima ridondanza commerciale, o quantomeno il suo profilarsi nell'orizzonte delle intenzioni. Se ci pensiamo bene, molte proposte oneste e sincere, in alcuni casi addirittura artisticamente ottime, provengono da quel calderone di normalità, di "everyday life" trasfigurata in arte da parte di chi la musica la porta nel cuore sin dalla nascita. Negli States accade spesso, tra i nostri confini onestamente no, a parte qualche rarissima eccezione. In quel di Washington Massey fa l'avvocato. La sera si diverte a suonare, dapprima in varie band locali, fino a quando si convince del proprio talento e inizia a scrivere. Il suo primo disco, Blissful State Of Blue di qualche annetto fa, ottiene una calda accoglienza da parte della critica e un incoraggiante seguito, soprattutto durante i concerti. Le sue canzoni non hanno niente di originale e si pongono senza deviazioni all'interno di una tradizione tipicamente americana, limando le screziature del tempo.

Un cantautore classico, dunque, capace di scrivere buone canzoni, a tratti decisamente ottime, che acquistano peso grazie a bravi e sconosciuti musicisti (talvolta bravissimi, come nel caso del chitarrista Jason Byrd) e una produzione assolutamente professionale (Jim Robeson). I tredici percorsi di So Many Roads danno il meglio nelle ballate classiche, dove il senso melodico e le qualità di storytelling di Massey risplendono di luce propria, considerando le influenze - a volte decisamente evidenti - sulle quali fanno leva. Il trittico iniziale serve da antipasto: il rock blues vibrante di Dying Prayer, il country folk di Come What May e il roots di Note To Miss Grady esplorano a cielo aperto generi e generazioni, mentre con Heathens si entra nel vivo, una grandissima ballata con pedal steel e mandolino che gocciola sensazioni di altri tempi, un punto d'incontro tra country e tradizione che richiama il primo (e migliore) Todd Snider.

John Prine fa capolino in What You See, bel mandolino e tipica Americana, il giovane Steve Forbert riecheggia in You Can Come Back Home, ballad suggestiva e intensa, poetica e melodicamente raffinata, January Wind palpeggia il rock, con una chitarra knopfleriana e un organo in evidenza, Things That He'll Never Be e Susie Came Home arricchiscono l'album delle slow song di spessore, con archi e piano a sbocciare in una matrice sonora decisamente ben costruita. Con la title track il disco raggiunge il climax, una ballata elettrica dotata di un refrain assassino, mentre Julie, rapita da un organo sixties, e Lay Your Burden Down, dedicata a Buddy e Julie Miller, chiudono un disco solido che piacerà sicuramente agli amanti del genere.
(David Nieri)

www.davemasseymusic.com
www.cdbaby.com/cd/dmassey2


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