The
Features
Some Kind of Salvation
[429
Records 2009]
Sono una decina d'anni che il quartetto The Features prova a fare
il grande salto, o quanto meno tenta di acciuffare quelle attenzioni che
in fondo una musica così pop e appiccicosa come la loro avrebbe tutto
il diritto di ricevere. Si, perché saranno anche di Sparta, Tennessee,
questi trentenni dall'aria gioviale, ma non hanno nulla o quasi da condividere
con un ipotetico nuovo rock sudista, come peraltro qualche rivista americana
ha avuto l'ardire di scrivere. Some Kind of Salvation è
semmai un effervescente miscuglio di brit pop e glam rock aggiornato ai
nostri tempi. Disco prodotto in casa con l'aiuto di Jaquire King (Modest
Mouse, Tom Waits, Kings of Leon) segue di due anni Exhibit A. Con una
certa caparbietà The Features hanno trovato persino una distribuzione
europea (usciranno in febbraio per la Proper), restando indipendenti:
questo nonostante qualche buona critica incassata dalla stampa americana,
prima dell'estate, e la sensazione di una band che potrebbe benissimo
accodarsi al gran frastuono generato recentemente in Inghilterra dai King
of Leon, con i quali, guarda caso, andranno in tour.
L'andazzo di Some Kind of Salvation, con la sua esuberanza pop, i suoi
coretti fra rievocazioni sixties e gioie glam potrebbe anche seguire lo
stesso tracciato, se non fosse che Matt Pelham canta e scrive con
un briciolo di acume in più. La dolce e breve marcetta di Whatever
Gets You By ha il compito di aprire il sipario su questo cabaret,
prima che una frenetica The Drawing Board
metta insieme r&b, ottoni in fiamme e una stramba melodia dall'aria balcanica.
Tra il serio e il faceto The Features riescono addirittura a parlare di
ansie tutte moderne in GMF (Genetically Modified
Fable), dove la componente new wave del quartetto (completato
da Roger Dabbs al basso, Mark Bond alle tastiere e Rollum Haas alla batteria)
esce prepontemente allo scoperto, e in The Temporary
Blues, tra le migliori interpretazioni di Pehlam.
Il vero problema però resta il serpeggiare continuo di Some Kind of Salvation:
troppe idee, qualcuna confusa diciamolo pure, poche in grado di distinguerli
dal mucchio. Dimostrano di saper scovare canzoni irresistibili con Wooden
Heart, ma si perdono anche in giochetti pop rock frivoli (Lions,
oppure Still Lost, che ricorda i Supergrass
ma senza la stessa leggerezza) quando non semplicemente irritanti (è il
caso del synth pop di Concrete, omaggio
ad un epoca di impalpabili tastierine che avremmo volentieri lasciato
nel dimenticatoio), finendo per farsi apprezzare soltanto nello scintillare
dei fiati di All I Ask o in quelle
ballate sussurrate e molto beatlesiane come Baby's
Hammer, che probabilmente mr. Paul McCartney apprezzerebbe.
(Fabio Cerbone)