inserito 16/02/2009

Otis Gibbs
Grandpa Walked a Picketline
[
Wanamaker/ Thirty Tigers
 2009
]



Sulla vita di Otis Gibbs si potrebbe tranquillamente scrivere un romanzo, magari di quelli pių picareschi, raccontando la sua vita di busker per il mondo, un vagabondo con la chitarra acustica in spalla che viaggia tra l'America e l'Europa, vive alla giornata facendosi ospitare da artisti e attivisti radicali (pare ci sia persino un file dell'FBI dedicato al personaggio). Quindici anni sulla strada, che sono anche documentati nel suo sito ("the travels and tribulations of Otis Gibbs" il titolo, perfetto direi), con alcuni bellissimi scatti dello stesso autore, originario di una small town dell'Indiana ed oggi residente a Nashville. Sono circa dieci anni che ha deciso di imboccare questa strada: lavori saltuari fin dagli anni in cui ha lasciato il liceo, anche se il suo grande amore, il songwriting, non lo ha mai lasciato. Ha cominciato da ragazzino esibendosi nei bar pių malfamati: suonava brani di Jimmie Rodgers e Hank Williams per permettere allo zio di pagarsi un goccetto in pių, poi ha preso la questione sul serio e si č messo a scrivere canzoni proprie.

Dopo tre dischi assolutamente indipendenti, al quarto tentativo, Grandpa Walked A Picketline, Gibbs č riuscito ad ottenere l'attenzione di nomi importanti: prodotto da Chris Stamey (Whiskeytown nel suo curriculum), con la partecipazione di Chris Carmichael al fiddle, Don Dixon al basso, il collega Tim Easton all'armonica e mandolino e Will Rigby (Steve Earle band) alla batteria, č da considerarsi il primo lavoro di una certa eco per questo folksinger "arrabbiato" e proletario. Le sue ballate asciutte, dallo spiccato accento rurale, sono infatti piaciute anche al buon Billy Bragg, il quale ha eletto in una rubrica del Wall Street Journal The Peoples Day - tratta dal precedente One Day Our Whispers - come una delle "Top Five Songs with Something to Say". Naturalmente anche Grandpa Walked a Picketline prosegue sulla linea protestataria che lo stesso Otis Gibbs definisce come "love songs for young radicals".

Insomma, una via di mezzo fra il socialista Steve Earle e il campagnolo Chris Knight, ai quali pių volte si possono avvicinare le temetiche, e in parte i suoni, di Gibbs: ci parla di vite emarginate nell'everyday life dell'America di oggi, quanto mai attuale alla luce della crisi econimica che l'ha travolta, con una serie di genuini ritratti tra cui si fanno notare la cristallina Caroline, ballata country con steel dal taglio classico, Beto Junction, pių secca e disadorna, il folk blues dal passo dylaniano di Preacher Steve, spietata descrizione di un certo mondo religioso fondato sull'ingnoranza, la paura e la ricerca del consenso per fini commerciali. Personaggio dunque dotato di un'ottima penna Otis Gibbs, ma non si pensi che il suo fascino si esaurisca nei testi: senza dubbio il suo stile č scarno, fondamentalmente acustico e tradizionalista, ma la voce roca e sofferta amplifica l'effetto di alcuni brani, tra cui la country ballad dal sapore un po' rustico Everyday People, e ancora Sometimes Angels, Honey Please, ballate dove Stamey dimostra di avere fatto un passo indietro, lasciando che tutto suonasse essenziale e un po' spigoloso.
(Davide Albini)

www.otisgibbs.com
www.myspace.com/otisgibbs


<Credits>