Be', è anche rassicurante constatare che certe cose non cambiano mai e
che il buon vecchio Grantzberg Vernon Hart, meglio conosciuto come
Grant Hart, è ancora incazzato nero con l'ex-compagno d'avventure
Bob Mould. "Si sono spesi più loro in poche settimane che Bob in nove
anni", avrebbe infatti dichiarato Grant, all'indomani dell'uscita di questo
nuovo Hot Wax, circa i musicisti che l'hanno accompagnato
per l'occasione. Ma a proposito di "spendersi", perlomeno per quanto riguarda
i contatti col pubblico, nell'ultima decade Mould è stato senz'altro più
prolifico e coerente di Hart, la cui carriera solista, dopo lo scioglimento
repentino di una delle più grandi formazioni del rock alternativo degli
anni '80, s'è contraddistinta più per interruzioni e pause forzate che
per spirito produttivo. Hot Wax arriva a dieci (!) stagioni di distanza
dall'ultimo, adorabile Good News For The Modern Man, che seguiva di tre
uno struggente quanto inutile disco dal vivo in formato acustico (Ecce
Homo), che a sua volta veniva dopo l'infelice parentesi di un gruppo -
Nova Mob - parimenti sfortunato e talentuoso, che aggiornava l'esordio
solitario e memorabile del bellissimo Intolerance (1989).
Non so quanto possa risultare comprensibile, a un pubblico magari digiuno
di informazioni circa i precedenti di Hart nella scena underground USA
di trent'anni fa, la scelta di pubblicare un album di neanche quaranta
minuti, registrato alla meno peggio (più con evidente frettolosità che
con cosciente vena lo-fi) e corredato da un titolo e da un'immagine di
copertina contraddistinti da rara bruttezza. E tuttavia, chi, ancorché
ignorando i trascorsi del titolare e casomai incuriosito da un disco registrato
tra Montreal e Minneapolis con membri di Godspeed You! Black Emperor
e A Silver Mt. Zion, decidesse di procedere all'ascolto, si troverà
di fronte a un lavoro deliziosamente d'altri tempi, dove l'aria che tira
è quella del post-punk dei primi '80 mescolato, com'è tradizione del nostro,
a ruvide sgranature rock e a ganci melodici di garage-pop floreale e psichedelico.
Nonostante il blasone degli ospiti, tra i solchi di Hot Wax non c'è traccia
di post-rock: ci sono invece il power-pop psichedelico della selvatica,
magnifica You'Re The Reflection Of The Moon On
The Water e i Beach Boys in chiave garagista di Sailor
Jack, le sei corde poppeggianti della travolgente California
Zephyr e le brume jazzy di una I Know
All About You Since Then che piacerebbe al più intimista Elvis
Costello, lo sgangherato wall of sound della squisita Charles
Hollis Jones e gli archi e la tromba della beatlesiana Barbara.
Senza dimenticare, naturalmente, quel piccolo capolavoro che risponde
al nome di School Buses Are For Children,
power-ballad intrisa di pathos e malinconia dove il nostro torna a cantare
con lo slancio lacerato e toccante dei tempi andati. All'interno del booklet,
nella foto che lo ritrae, Grant Hart sembra ancora avere 35 anni o giù
di lì. E chissà, forse è proprio questa la notizia più gradita tra quelle
recate da Hot Wax, disco che, in fondo, troverà parte sostanziosa (e sostanziale)
dei propri avventori in coloro i quali non hanno mai dimenticato, né mai
potrebbero farlo, la rabbia, il dolore, l'energia e la poesia espressi
da Hart e Mould nel gruppo col quale entrambi marchiarono a fuoco la scena
indie degli '80. Si chiamavano Hüsker Dü, e non c'è altro da aggiungere.
(Gianfranco Callieri)