Thin Line di Noëlle Hampton è uno di quei dischi
con alle spalle una storia piccola ma che vale la pena raccontare. Delicato
e malinconico nella grafica, con un grande occhio in primo piano e una
lacrima nera a rigare uno zigomo da fumetto, Thin Line è il naturale sbocco
esistenziale di un'artista che - nel giro di pochi anni - ha conosciuto
il profumo del successo commerciale per poi cadere in una cupa depressione
da cui è uscita ancora volta grazie alla musica. Legata al rock di Tom
Petty e Bob Dylan, ma profondamente influenzata dalla rinascita folk degli
anni Novanta, Hampton all'alba del nuovo millennio ha visto recapitarsi
una nomination ai California Music Awards insieme a Gwen Stefani, Aimee
Mann e Tracy Chapman grazie al primo album, autoprodotto e intitolato
Under These Skies. Dì lì in poi, sarebbe lecito supporre, una carriera
tutta in crescendo.
E invece no, per la rocker di San Francisco opener di Dylan, Wilco e Chris
Isaak nessuna occasione pare profilarsi all'orizzonte. Col marito André
Moran abbandona la baia e si trasferisce ad Austin, dove attraversa un
lungo periodo di depressione accarezzando più volte la scelta di abbandonare
il mondo della musica in modo definitivo. Le occasioni, però, sono infinite
ed è la volta di un altro tiro di dadi: un grande network televisivo chiede
alla cantante di poter utilizzare una delle sue canzoni, mentre è il produttore
Mark Hallman (già collaboratore di Carole King, Ani DiFranco
ed Eliza Gilkyson) a convincerla a tornare in studio. Succede nel 2008,
quando la bionda Noëlle si presenta con una decina di brani (inclusa una
interpretazione di Love is Blindness degli
U2) equamente divisi fra roots rock, folk elettrificato, con lievi tracce
di alternative e una voce che qualche volta ammicca al blues.
Musica che parla della fragilità della vita, della morte e dell'amore
ma pervasa - anche nei capitoli più intimi - di una fiera voglia di non
mollare, ora facilmente collegabile al vissuto personale di Noëlle. Thin
Line è un ottimo disco rock - vi partecipano tra gli altri Rick Richards
(batteria, Ray Wylie Hubbard band), Michael Ramos (accordion) e Brian
Standefer (violoncello, Alejandro Escovedo) - che piacerà agli amanti
di voci femminili dalle parti della Sheryl Crow (Cold
Strings, Waiting Game)
più intransigente e meno vicina al pop. Dieci canzoni che il lettore non
fatica a leggere e rileggere con infiniti richiami, avanti e indietro
nel tempo, alla grande tradizione musicale statunitense. (Luca Muchetti)