inserito 15/01/2010

Maplewood
Yeti Boomtox
[
Tapete records  2009
]



Mai fidarsi delle apparenze: Steve Koester e Mark Rozzo sono due ragazzi di Brooklyn che sognano grandi spazi e cieli californiani, lontano dal grigio e dal freddo di New York. Dopo qualche stagione passata a farsi le ossa nelle cantine della scena indie cittadina, passando dai Punchdrunk ai Champale senza troppi clamori, incrociano un paio di chitarre acustiche, un painoforte, un armonica e cominciano a pensare di voltare completamente pagina. Trovati nuovi compagni di avventura nel chitarrista Craig Schoen, nel bassista Jude Webre e nel batterista Ira Elliot (fuoriusicto dei più fdamosi Nada Surf), mettono a fuoco la creatura Maplewood, avamposto del country rock più elegiaco e della west coast più soffice sulle sponde del fume Hudson. Yeti Boombox, starno titolo per una strana band, ha il sapore di quello che la critica americana ama definire con un pizzico di fantasia "canyon folk rock", diciamo più semplicemente un ripasso del mito californiano secondo le declinazioni di CSN, Byrds, persino i più fortunati e poppettari Eagles e America. Non è un caso fortuito che proprio Gerry Beckley degli America sia passato in studio a dare manforte ai Maplewood, oggi al secondo lavoro pubblicato anche in europa per la tedesca Tapete.

Suoni, suggetsioni, morbidezze sono assai simili, anche se i Maplewood conservano una tempra roots più spiccata e meno smancerie pop: in ogni caso dare il via con una canzone quale Moonboot Canyon, evocando inverni e neve mentre voci, chitarre e steel echeggiano altre lande è comunque una dimostrazione di coraggio. Nel complesso tuttavia Yety Boombox non è certo opera eccentrica, tanto che ci si aspetta esattamente il rincorrersi fra elettrico e acustico di Embraceable, i saliscendi di Over Hills and Down the Hollows, le carezze di North Shore Baby e Dust, quest'ultima fra le più ammiccanti e potenzialmente melodiche del disco. L'intera impalcatura si regge pericolosamente su questa dolce malinconia, una fotografia scattata alla metà degli anni '70 e li cristallizzata definitivamente.

Nulla di male, se non fosse che per i sentieri desertici di Long White Ride, per la morbida psichedelia di Desert Fathers e The Last Yeti (David Crosby ringrazia sentitamente) sembrano esserci passati altri colleghi e con un senso di devozione verso il passato forse un po' meno calligrafico. Insomma, un solo disco dei Jayhawks, o meglio ancora il più recente Gary Louris solista o ancora il duo degli Autumn Defense, costola dei Wilco con John Stirratt, sembrano davvero mangiarsi a colazione i Maplewood con l'intero yeti che si portano appresso. Il mondo musicale che fantasticano in Daughters of the Empire è assai simile, non è detto che sia un surrogato irricevibile, ma certamente ne abbiamo assaggiato il gusto più volte e con esiti meno scontati. Competenti ma un poco didascalici.
(Fabio Cerbone)

www.myspace.com/maplewood
www.tapeterecords.de



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