inserito 07/01/2010

Nolan McKelvey
A Matter of Time
[
Nolan McKelvey 2009
]



Soltanto un anno e mezzo fa si scomodavano Ryan Adams e Jayhawks, si parlava di folk rock e canzoni con qualche segreto rubato a Tom Petty: la notizia è che nel frattempo non è cambiato molto nella ricetta di Nolan McKelvey, songwriter dalla dura gavetta in quel di Boston e dintorni, approdato al passo successivo, A Matter of Time, con la stessa squadra vincente che si era presa cura del predecessore, The Sound of the Crash. Non occcorre nemmeno ribadire che ci ritroviamo catapultati in quel sottobosco di sinceri talenti che affollano le strade secondarie del rock americano, anche se l'aria della East Coast rende più romantiche e urbane queste ballate: nonostante le collaborazioni con Levon Helm e il protetto di quest'ultimo, Bow Thayer, il respiro delle canzoni di Nolan McKelvey si fa più elettrico e urbano, non necessariamente invischiato con il verbo Americana, seppure lo lambisca di tanto in tanto.

Occorre partire semmai dalla nervosa sei corde di Jeff Lusby (anche produttore, il quale lascia sporcizia e inquietudine nella registrazione) in Sign of the Times, dal pop chitarristico di Song of Hope o dalle ombre di Grave Digging per farsi un'idea di questi racconti montati con speranza e poesia spicciola, nulla di trascendentale almeno che non amiate i piccoli sogni e quegli autori che amano restare un poco in penombra. Nolan McKelvey dopo tutto possiede un senso melodico non indifferente e lo mette al servizio di ballate brillanti (il campionario è ricco e passa per All We Ever Needed, Entwined, Diamond Mine…che, oltre al titolo, i Blue Rodeo li ricorda assai da vicino anche nello stile). Ancora una volta c'è da rimarcare l'assenza di una zampata davvero graffiante, di un brano memorabile che rimandi ad un futuro possibilmente luminoso. Su questi sentieri altri colleghi (da Luke Brindley a Roddy Hart e Elliott Randall, per citare qualche rivelazione passata da queste parti) hanno in stagioni recenti lavorato alla definizione di quel classicismo rock di cui Ryan Adams resta il più credibile esponente dei giorni nostri.

Fra alti e bassi sono spuntate sorprese non indifferenti, mentre Nolan McKilvey pare ancora intento a lavorare ai fianchi, indeciso se mollare il colpo da ko: la fragilità della voce è un po' il suo tallone d'Achille, il freno che strattona e non fa decollare Fireflies o l'acustica Best is Yet to Come. L'indecisione c'è tutta e si fa sentire, tanto che la soluzione di sostenere il canto con l'organo di Mike Seitz (c'è anche un piano elettrico nella cupa Deeper in the Well) o un intero coro (ribattezzato The Beaver Street Choir) nel finale di Regarding Proposition (H)8 non è affatto campata per aria. Per il momento è un buon rincalzo, non del tutto preparato per essere lanciato nella mischia.
(Fabio Cerbone)

www.nolanmckelvey.com
www.myspace.com/nolanmckelveyand33


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