inserito 20/02/2009

M Ward
Hold Time
[4AD/ Self  
2009
]



Le prime parole cantate da Matt Ward in questo nuovo album - "when you're absolute beginners, it's a panoramic view" - fanno venire in mente David Bowie e quindi la sorprendente cover di Let's Dance che sei anni fa ci stupi su The Transfiguration of Vincent, ma ormai sappiamo che quella presenza - in un disco di folk rigoroso e virtuosismo chitarristico - altro non era che un indizio rivelatore degli umori pop del nostro Matt. Umori che abbiamo avuto modo di conoscere bene prima con Transistor Radio e poi con Post-War ma senza apprezzarli fino in fondo per due valide ragioni: da una parte il rimpianto che una voce autorevole del nuovo folk si fosse dedicata ad altro, dall'altra la riuscita non sempre felice di quei due dischi, specie il precedente, pieni di spunti eccellenti ma incapaci di reggere alla distanza.

Hold Time sembra un titolo programmatico, perché cosa ha fatto nei suoi ultimi tre lavori Matt Ward se non cercare di fermare il tempo? Un'isola a mezza via tra i '50 e i '60, tra Buddy Holly e i Beach Boys e tutto quanto c'è in mezzo, il tutto esemplificato a metà disco prima da una trasognata versione di Rave On di Holly che sfuma al suono di un flipper per lasciare quindi spazio a To Save Me, dove sembra che Brian Wilson si sia unito agli ELO di Jeff Lynne. E che dire degli arrangiamenti? Disco dopo disco sono diventati sempre più pieni - quasi da wall of sound in certi brani - e sotto questo aspetto Hold Time è il coronamento del percorso musicale che Ward aveva avviato quattro anni fa con Transistor Radio. Ma valeva la pena intraprenderlo? All'epoca di End of Amnesia e del citato Vincent avevamo un artista originale - con una cifra stilistica originale - adesso a rendere inconfondibile Ward restano il suo "growl" e qualche sprazzo di produzione lo-fi ma le canzoni sanno di già sentito, in maniera spesso piacevole, nulla di più, ma considerato il successo che Ward ha ottenuto nell'avventura - lungo linee del tutto simili - She & Him con Zooey Deschanel, almeno dal punto di vista economico ha ragione lui.

A testimonianza della continuità tra i due lavori la Deschanel è presente in due pezzi e uno di questi - Never Had Nobody Like You - è sicuramente canzone di facile presa ma di spessore di certo inferiore a Poison Cup da Post-War. Ospitata importante ma dagli esiti imbarazzanti è invece quella di Lucinda Williams nella cover di Oh Lonesome Me di Don Gibson: la canzone sembra un'intrusa e le voci di Matt e Lucinda non legano. "I was born on the first day of December, that means the beginning of the end" inizia così - in maniera discreta - Stars of Leo, ma un cambiamento di ritmo ci guida a un tutti inatteso e coinvolgente che ne fa senza dubbio la traccia migliore del disco. Finito l'ascolto non resta che un disappunto, il folk degli inizi non c'è più e il pop ancora una volta non decolla: Hold Time è album più solido dei due che l'hanno preceduto, questi però tra mille difetti contenevano perle che qui non troviamo, provaci ancora M. Ward!
(Maurizio Di Marino)

www.mwardmusic.com
www.myspace.com/mward


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