David
Newbould & Friends
The Long Way Home, Live from
Austin
[David
Newbould Music 2009]
Non è sicuramente un parvenu David Newbould, anche se il suo nome
penso che dirà relativamente poco a chi non frequenta assiduamente
le produzioni "made in Austin" e i volti nuovi del circuito Americana
in quel di Nashville. Non cito a caso le due capitali della tradizione
americana, perché in questi luoghi Newbould si sta costruendo una carriera
di tutto rispetto, ritagliandosi un suo spazio come autore e come presenza
parecchio gettonata nelle scelte delle compagnie televisive, spesso disposte
a scegliere i suoi brani in qualche serial di loro produzione. Non storcete
il naso, anche se non siete estimatori di Dawson's Creek, Seventh Heaven
(e vorrei ben vedere!) o Criminal Minds: è solo un dettaglio e certamente
un buon viatico per farsi conoscere, poi contano le canzoni e quello che
un artista ha da offrire. Newbould non è sicuramente una rivelazione tra
i sensibili menestrelli che stanno ricostruendo l'arte del folksinger
moderno, ma se personaggi come Cindy Cashdollar e Redd Volkaert
(lo ricordo come grande chitarra alla corte di Merle Haggard) si sono
spesi in suo favore e lo hanno accompagnato per mano in questo The
Long Way Home, una motivazione ci deve pur essere.
Catturato dal vivo proprio ad Austin, sua seconda città di adozione dopo
una prima parte di vita professionale svolta a New York, il disco è una
sorta di riflessione o raccolto di quanto seminato fino ad oggi, una dozzina
di brani che pescano nei suoi lavori precedenti (diversi ep e un disco
Big red Sun prodotto in Texas con la Cashdollar, Jon Dee Graham e Warren
Hood tra gli ospiti) aggiungedovi diversi inediti. Proposto in una doppia
versione, con cd e dvd che ricalcano una scaletta abbastanza simile (nella
parte video troverete due brani in più, fra cui si segnala Salvation),
The Long Way Home è la fotografia di un songwriter di indubbie qualità
melodiche, con una voce interessante e uno stile che svolazza sul folk
rock di oggi, magari tinteggiato di tanto in tanto da qualche colore più
country (It Can Always Be Worse e
Nobody Loves Me Like You Do).
La scuola per intenderci è quella di Ryan Adams, sempre lui, e più in
generale di tutti i giovani testimoni di un rock tradizionale e intimista.
Newbould dal canto suo predilige decisamente i tempi medi e le ballate
d'atmosfera, perdendosi a tratti in brani troppo eterei (Dakota,
Old Friend), in un romanticismo un
po' melodrammatico se mi passate il termine, cercando infine un sostegno
nelle voci femminili di Megan Melara e Wendy Colonna. La presenza sul
palco è sicura e il repertorio a sprazzi riesce ad entusiasmare (la partenza
con Goldmines e poco più avanti Put
the Brakes On Us sono senza dubbio un buon saggio di pop rock
d'autore), nonostante l'andazzo sia quello di un live solo a momenti davvero
trascinante, in cui le potenzialità dei musicisti coinvolti (c'è anche
la tromba di Steve Zirkel, della band di Leonard Cohen, in Somethig
to Lose) sono forse sacrificate alla personalità del songwriter.
(Davide Albini)