inserito 25/01/2010

Jeffrey & The Free Radikals
Jeffrey & The Free Radikals
[
Slagerfabrikken  2009
]



Jeffrey A. Wasserman imbraccia un mandolino nella foto interna di questo tardivo esordio musicale: ha tutta l'aria di uno che ne ha viste passare tante, da quando giovanissimo uscì di casa per seguire le tracce del revival folk. Era il tramonto degli anni sessanta e poco più che adolescente si ritrovò al festival di Newport, quindi inseguì le tracce della giovane musica americana, la protesta che montava e i sogni di una generazione che si sarebbero infranti su un muro di disillusioni. Sarà per questo che da vent'anni e forse più il nostro si è isolato, mettendo radici in Norvegia, lontano dagli incubi della madre patria. Qui come altrove ha coltivato il lavoro paziente e artiginale del songwriter, scrivendo per moltissimi autori scandinavi e facendosi persino notare ai Grammy locali. Nel suo personale cassetto però erano rimasti inediti e piccole storie che non avrebbero trovato pace se non nelle stesse mani di Wesserman.

I Free Radikals guidati dal produttore e chitarrista Knut Reiersrud sono giunti in soccorso mettendo ordine nel baule di canzoni di Jeffrey: non solo, strada facendo si è aggiunta qualche notevole comparsa conosciuta fra i tempi di Woodstock e i tour nel nord Europa, tra cui l'organo di Garth Hudson (The Band) e il dobro di Cindy Cashdollar (ospite nella dolce country song Train Don't Stop Here Anymore). Camei che sottolinenano il percorso musicale di Wasserman, la sua musica d'autore e la sua poesia folk quotidiana, che si tinge di colori country rock tenui, di soul dagli aromi sudisti e in generale di un rock tradizionalista che molto deve all'avventura dei seventies, a cominciare dalla lezione della stessa Band di Hudson, Helm, Robertson e soci. Ne ricordano quanto meno le fattezze e la ricerca musicale sia i brani più inclini al lato southern e bluesy della scrittura di Wasserman (All Hell Broke Loose in Heaven, la funkeggiante The Place God Never Wanted, la corale Maybe Someday), mentre all'altro capo del filo si distendono eleganti ballate dal sentimento acustico che fanno del calore musicale il loro punto di forza (fra accordion, violini, fiati, lap steel non si può negare il fascino degli arrangiamenti in Every Reason Why e Another Song).

Nella qualità innegabile della performance l'anello debole sembra essere proprio la voce di Wasserman, che sorretta da una nutrita schiera di collaboratori riesce a reggere a fatica l'impatto intimo di queste composizioni, non riuscendo a nascondere insomma le sue magagne. Peccato perché una convinzione maggiore avrebbe reso più giustizia a brani quali la rustica Big Little Me e Hearts of Silver, nella resa un po' troppo dimesse, come se mancasse la zampata di un vero fuoriclasse. Sacrosanto il diritto di Jeffrey Wasserman di confrontarsi con un pezzo della sua storia e della sua produzione, anche se qualche limite dell'interprete è a tratti evidente. Un disco comunque ricoperto da una dolce patina di nostalgia, sbucata direttamente da una stagione lontana.
(Fabio Cerbone)

www.freeradikals.no
www.myspace.com/jeffreythefreeradikals


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