Sarah
MacDougall
Across the Atlantic
[Copperspine
2010]
Svezia, Canada, purchè sia profondo nord e si porti appresso quella malinconia
tipica di certe chanteuse a metà strada fra il folk di un tempo e l'indipendenza
artistica di oggi. Sarah MacDougall nasce nella penisola scandinava ma
si ritrova molto presto girovaga per vocazione, tanto da imbracciare la sua chitarra
e le sue canzoni per le strade del mondo. Tocca numerose città europee, si fa
conoscere anche alla BBC con il programma del famoso dj Bob Harris, poi mette
radici (per il momento) in Canada, dove le sue prime registrazioni escono solitarie
da una cameretta, nella più autarchica delle situazioni. Across the Atlantic
sintetizza fin dal titolo la divisione che si annida nell'animo di questa
artista: europea per sensibilità artistica e nella trasparenza di certe liriche,
nord americana nella scelta di seguire forme musicali tradizionali, pur adattate
al suono "alternativo" di questi anni. A conti fatti si tratta del suo vero esordio,
visto che è stato preceduto da un disco (Headed for the Hills) in tiratura limitata
(1000 copie) e per pochi intimi nonché da un ep (I Don't Want to Be Alone Anymore)
pubblicizzato soltanto attraverso la rete.
Questa volta, pur restando
fermamente convinta delle opportunità dell'auto-produzione Sarah MacDougall si
è trovata anche uno studio professionale dove integrare i suoi bozzetti acustici,
grazie all'apporto di una vera band. Musicisti dell'area di Vancouver, poco noti
(tra gli altri segnaliamo Tim Tweedale, già al lavoro con gli Headwater,
titolare di steel, dobro e tromba), ma in grado di assecondare l'umore folkeggiante
della ragazza: definiamola all'occorrenza dark americana (Ballad
of Sherri, Biggest Mistake, con
il violino dai sapori old time dell'ospite Pierre Davids), più semplicemente una
piccola poetessa con le armi di una ballata spesso dagli scuri colori country,
qualche volta invece aperta alla luce di una melodia arricchita dai fiati (anche
il clarinetto in sessione).
Di lei si comincia a parlare un gran bene
e in primavera inoltrata affronterà un tour fra l'Irlanda e l'Inghilterra che
potrebbe portarle fortuna: nel frattempo raccoglie per strada fragili folk song
che accentuano i sospiri della sua voce, non di particolare potenza, un po' indifesa
diciamolo pure, e proprio per questo adatta alla fragilità di Ramblin'
e I've Got Sorrow, facendosi indolente in
I've Got Your Back prima di affrontare a tempo
di marcetta (vagamente "waitsiana") Hundread Dollar Bills.
Sono canzoni sospese fra tradizione e estetica indie folk, possono evocare qualche
collega più famosa (Cat Power per il versante soul, Jesse Sykes per quello noir,
se mi passate il termine), ma possiedono sufficiente autonomia per segnalare il
nome di Sarah MacDougall fra le nuove voci femminili da seguire con particolare
attenzione. (Fabio Cerbone)