inserito 23/12/2010

Ryan Adams & The Cardinals
III/ IV
[Pax Am records
 2010
]



Quale è la natura ultima del suono dei Cardinals, la band con la quale Ryan Adams ha indubbiamente stabilito uno dei più forti legami artististi del dopo Whiskeytown? Anche a suo dire, con dichiarazioni e attestati di affetto più volte ribaditi, il sodalizio si è svolto all'insegna di un reciproco ascendente, nutrendo canzoni e soprattutto dando forma ad una serie di dischi che hanno tracciato l'intero arco della poetica rock di Adams. Trovare nel cassetto ventuno composizioni risalenti all'epoca delle sessioni di Easy Tigers sembra quasi una provocazione, per ingrossare quella discografia già così abbondante con cui Ryan Adams ha letteralmente spezzato e confuso la sua sua carriera. Eppure - se non fossimo costretti a pensare ad un semplice diversivo per tenere buoni i numerosi sostenitori, orfani di un nuovo lavoro - ci deve essere qualcosa nascosto dentro queste registrazioni che lo ha convinto a ribadire tale rapporto artistico, dopo che in fondo lo stesso Cardinology ne aveva decantato le lodi.

Semplicemente intitolati III e IV, paragrafi di una produzione assai più ampia, i due dischi di outtakes sono lontani in verità dal cuore dei Cardinals così come li abbiamo lodati in Cold Roses o Jacksonville City Nights, persino nell'ep Folllow the Lights e in parte nello stesso Easy Tiger. Se quest'ultimo soffriva di una sorta di auto-citazionismo, di un continuo rivolgersi su se stesso, facendo il verso ad atmsofere e melodie già espresse con più convinzione, III e IV assomigliano piuttosto ad uno scherzo estemporaneo dove l'aria sbarazzina e spaccona di Rock'n'Roll, il controverso album del 2003, riprende pieno possesso della scrittura di Adams, ovviamente aggiornandola con la sensibilità di musicisti diversi. La sostanza però è la stessa che usciva anche dai solchi di un singolo quale Magick, presente nel precedente Cardinology: una sequenza di riff e ganci elettrici, di sbruffonate fra echi lontani di new wave e rock da radio anni 80, dove Ryan Adams infila ricordi adolescenziali, svenevolezze e pensieri sparsi, parlando di Ultraviolet Light, Star Wars, Dear Candy ecc.

E così il gioco una buona volta si rompe, trascinandosi in due inutili capitoli che come sempre avrebbero potuto trovare una sintesi, sfrondando i rami secchi. Trattandosi di inediti e scarti non concepiti inzialmente per la publicazione, si può ben contestare il dato e lasciare fluire l'intera sequenza, prendendola per quello che offre: molto poco purtroppo, tra le monocordi sferzate punk di Breakdown into the Resolve e le aperture pop Stop Playing with My Heart, un'aria da U2 enfatici riletti secondo un rock facilone con tinte che sfiorano il suono hard, mettendo in sequenza canzoni davvero brutte (altra definizione non si trova) come Kisses Start Wars, No, Icebreakers, e ancora una confusa Numbers, oppure l'imbarazzante pasticcio di Users, cedendo vertiginosamente nella seconda parte. Tra molteplici tentativi - purtroppo riuscitissimi! - di assomigliare ad una pallida riedizione dei Cars di Rick Ocasek, il sound dei Cardinals cerca disperatamente un appiglio dove ritrovare la lucida perfezione di un tempo, fra ballata, classic rock e armonia: The Crystal Skull, Typecast, Death and Rats, non fossimo sommersi dalla mediocrità del doppio III/IV, risulterebbero per quello che sono, ovvero sia fiacche imitazioni di quello che è stato già svelato in passato…così appaiono persino belle canzoni.
(Fabio Cerbone)

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