inserito 27/06/2011

Dave Alvin
Eleven Eleven
[
Yep Roc  2011
]



È arrivato il momento dei ricordi e del raccolto anche per Dave Alvin, venticinque anni di carriera o quasi in solitaria nel dopo Blasters, che si confrontano con storie passate, amici perduti e ritrovati, mitologia di uno spirito rock'n'roll che non la ha mai abbandonato. Eleven Eleven è un disco che suona familiare per contratto, ma non sbiadisce in un semplice amarcord: per la prima volta vede coinvolti attivamente membri dei Blasters in una sua opera solista, richiamando persino l'amico-nemico Phil Alvin, fratello di mille scorribande con cui finalmente Dave ironizza e trova il tempo di scherzare nella godereccia riunione di What's Up With Your Brother?, musicalmente però uno degli episodi più "banali" dell'abum. C'è anche il piano boogie di Gene Taylor a spargere semi rockabilly e gioia di suonare, mentre le altre facce del quadro le abbiamo incrociate più volte, se avete avuto la pazienza di seguire Dave in queste stagioni, da Greg Leisz a Don Heffington, da Rick Shea a Bob Glaub, per citare gli ospiti californiani più di riguardo. È un piccolo sunto del roots rock di Los Angeles, così come Eleven Eleven è un concentrato delle conquiste passate e presenti di Alvin, con quella convinzione e quella qualità di repertorio che lo eleva rispetto alle più recenti uscite.

Accantonato l'interessante ma poco risolto (per esiti artistici) connubio delle Guilty Women, le chitarre tornano a ruggire, masticando la lingua del blues più notturno e sordido in Harlan County Line, racconto che profuma di leggenda americana (leggetevi nel caso il recente volume di Allessandro Portelli per Donzelli, sulle lotte dei minatori nel Kentucky), i ritmi alla Bo Diddley del singolo Run Conejo Run, lo strimpellare da saloon di Gary, Indiana 1959, altra evocazione di battaglie per il lavoro (questa volta nelle acciaierie). Sono proprio le narrazioni che rendono il Dave Alvin del 2011 interessante e maturo come autore, un poeta di strada si sarebbe detto un tempo, che ha trovato il giusto equilibrio fra romanticismo (non gli è mai mancato e quando imbraccia l'acustica diventa un maestro dell'Americana) e spacconate rock. Certo la sensazione che Eleven Eleven sia una discreta sintesi del "già detto" non la allontana nessuno, come se il ruggito rock blues di Ashgrove (il suo debutto in casa Yep Roc qualche anno fa) si fosse incontrato con il lato più da folksinger degli anni di King of California.

Dal primo approdano direttamente la ficcante Johnny Ace is Dead, rievocazione di una delle più assurde tragedie conosciute dal primo rock'n'roll, con un colpo di pistola che per uno stupido gioco finisce nella testa della giovane promessa Ace, e ancora la citata Run Conejo Run o Dirty Nightgown: voce sempre più baritonale, la chitarra che lancia riff secchi e la band che segue il groove. Dal secondo tracciato invece spuntano le vere gemme: la storia di dolore in Black Rose of Texas, ballata da grandi orizzonti segnata da una slide guitar; la commovente border song No Worries Mija, piano e accordion che riportano davvero ai tempi gloriosi del "Re della California"; infine il duetto con Christy McWilson in Manzanita, dolce celebrazione di un amore giovanile di Dave mai dimenticato. Episodio a sé stante, forse un po' fuori luogo nel contesto sonoro di Eleven Eleven, è invece la coda retro-jazzy di Two Lucky Bums, ultimo brano registrato da Dave con l'amico scomparso Chris Gaffney. Un omaggio, più che un errore, che si può (si deve) assolutamente perdonare.
(Fabio Cerbone)

www.davealvin.net


   


<Credits>