inserito 19/12/2011

Matt Andersen
Coal Mining Blues
[Busted Flat
 2011
]



Con la benedizione di Colin Linden - mente del progetto Blackie and the Rodeo Kings, nonché chitarrista e produttore di fama consolidata - il corpulento Matt Andersen compie il salto di qualità dopo dieci anni di intensa attività discografica e dal vivo. Di origini canadesi, ma adottato in qualche modo dagli States, dove Coal Moining Blues è stato inciso e prodotto, Andersen è un musicista di chiara estrazione blues, che però ha allargato nel tempo il suo stile, abbracciando la canzone d'autore e il rock, ma soprattutto quella grande tradizione sudista che si muove dal country bianco al soul nero. Non è un caso, mi azzardo a dire, che il nuovo lavoro sia stato catturato in parte nei rinomati studi di Levon Helm a Woodstock, chiamando a partecipare anche la figlia di quest'ultimo Amy Helm (Ollabelle) e il buon Garth Hudson (The Band), quasi a sancire un forte legame con una precisa eredità musicale. E Coal Mining Blues suona infatti come un signor disco di Americana dalle gradazioni soul blues e sudiste, che rimanda moltissimo allo stessa produzione del Colin Linden solista, una dipendenza che potrebbe forse rappresentare l'unico ostacolo, sebbene si tratti di un peccato veniale, per un autore in ogni caso maturo ed efficace.

Calda e pastosa la voce, prima di tutto, "nera" come richiede il repertorio; quindi di prima scelta le canzoni, che alternano frizzanti r&b e ballate di derivazione southern soul, non uscendo mai dal tracciato di un suono live, avvolgente, che renda al massimo l'energia della performance. Una scoperta tardiva anche per noi (Andersen incide dal 2002 e tre sono gli album pubblicati in sequenza per l'indipendente Busted Flat, Second Time Around, Something in Between e Piggyback), in fondo rinfrancati dalla certezza, scorrendo musicisti e mezzi a disposizione, che Coal Mining Blues sia il suo disco più compiuto e ambizioso. Colpiscono e vanno direttamente in prima fascia le ballate: la title track, elegante soul di prima classe con l'organo di John Whynot (altro collaboratore di Linden da lungo tempo) e il sax di Jim Horn, che ci racconta il duro lavoro della vita in miniera (molto evocativa in tal senso anche la copertina), attività tipica della terra d'origine di Andersen, nella regione canadese del New Brunswick; l'ingenua dedica d'amore Baby I'll Be, dove appaiono le voci delle McCrary Sisters; e ancora la dolcissima Home Sweet Home, accompagnata dall'accordion di Garth Hudson, così come il duetto con la citata Amy Helm in She Comes Down e la riproposizione di Willie's Diamond Joe di Willie P. Bennett, songwriter canadese a cui lo stesso Colin Linden con i Rodeo Kings dedicò anni fa un tributo.

Sull'altro piatto della bilancia i brani più pepati, che seppure non originalissimi, raramente scadono in una riproposizione scolastica: c'è l'imbarazzo della scelta con lo swamp di Fired Up, tra i brani più ficcanti con resonator acustica nelle mani di Linden e la Helm ai cori, il rhythm'n'blues tutto cuore e swing di Lay It on the Line e i fiati di Heartbreaker, degno della scuola Muscle Shoals, fino alla convincente intepretazione vocale in I Work Hard For the Luxury, altro episodio a tema blue collar nelle liriche.
(Davide Albini)

www.stubbyfingers.ca
www.bustedflatrecords.com



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