Matt
Andersen Coal Mining Blues
[Busted Flat
2011]
Con la benedizione di
Colin Linden - mente del progetto Blackie and the Rodeo Kings, nonché chitarrista
e produttore di fama consolidata - il corpulento Matt Andersen compie il
salto di qualità dopo dieci anni di intensa attività discografica e dal vivo.
Di origini canadesi, ma adottato in qualche modo dagli States, dove Coal
Moining Blues è stato inciso e prodotto, Andersen è un musicista di chiara
estrazione blues, che però ha allargato nel tempo il suo stile, abbracciando la
canzone d'autore e il rock, ma soprattutto quella grande tradizione sudista che
si muove dal country bianco al soul nero. Non è un caso, mi azzardo a dire, che
il nuovo lavoro sia stato catturato in parte nei rinomati studi di Levon Helm
a Woodstock, chiamando a partecipare anche la figlia di quest'ultimo Amy Helm
(Ollabelle) e il buon Garth Hudson (The Band), quasi a sancire un forte
legame con una precisa eredità musicale. E Coal Mining Blues suona infatti come
un signor disco di Americana dalle gradazioni soul blues e sudiste, che rimanda
moltissimo allo stessa produzione del Colin Linden solista, una dipendenza che
potrebbe forse rappresentare l'unico ostacolo, sebbene si tratti di un peccato
veniale, per un autore in ogni caso maturo ed efficace.
Calda e pastosa
la voce, prima di tutto, "nera" come richiede il repertorio; quindi di prima scelta
le canzoni, che alternano frizzanti r&b e ballate di derivazione southern soul,
non uscendo mai dal tracciato di un suono live, avvolgente, che renda al massimo
l'energia della performance. Una scoperta tardiva anche per noi (Andersen incide
dal 2002 e tre sono gli album pubblicati in sequenza per l'indipendente Busted
Flat, Second Time Around, Something in Between e Piggyback),
in fondo rinfrancati dalla certezza, scorrendo musicisti e mezzi a disposizione,
che Coal Mining Blues sia il suo disco più compiuto e ambizioso. Colpiscono e
vanno direttamente in prima fascia le ballate: la title track, elegante soul di
prima classe con l'organo di John Whynot (altro collaboratore di Linden da lungo
tempo) e il sax di Jim Horn, che ci racconta il duro lavoro della vita in miniera
(molto evocativa in tal senso anche la copertina), attività tipica della terra
d'origine di Andersen, nella regione canadese del New Brunswick; l'ingenua dedica
d'amore Baby I'll Be, dove appaiono le voci
delle McCrary Sisters; e ancora la dolcissima Home Sweet
Home, accompagnata dall'accordion di Garth Hudson, così come il duetto
con la citata Amy Helm in She Comes Down e
la riproposizione di Willie's Diamond Joe
di Willie P. Bennett, songwriter canadese a cui lo stesso Colin Linden con i Rodeo
Kings dedicò anni fa un tributo.
Sull'altro piatto della bilancia i brani
più pepati, che seppure non originalissimi, raramente scadono in una riproposizione
scolastica: c'è l'imbarazzo della scelta con lo swamp di Fired
Up, tra i brani più ficcanti con resonator acustica nelle mani di Linden
e la Helm ai cori, il rhythm'n'blues tutto cuore e swing di Lay
It on the Line e i fiati di Heartbreaker,
degno della scuola Muscle Shoals, fino alla convincente intepretazione vocale
in I Work Hard For the Luxury, altro episodio
a tema blue collar nelle liriche. (Davide Albini)