inserito 25/10/2011

Burlap to Cashmere
Burlap to Cashmere
[
Essential Records 2011
]



Chi si ricorda di Steven Delopoulos, cantautore di Brooklin dalle chiare origini greche, che fra il 2003 ed il 2007 diede alle stampe un paio di album, passati pressoché inosservati? Probabilmente nessuno, ed è un peccato, perché Me Died Blue era un piccolo gioiellino di songwriting acustico ed intimista. Ed ora eccolo qui, tornare sulle scene con la band con la quale aveva iniziato la propria avventura artistica, all'inizio degli anni Novanta. Storia strana, quella dei Burlap to Cashmere, un gruppo il cui nucleo è formato da Delopoulos e da John Philippidis alle chitarre, anch'egli figlio di immigrati ellenici: avevano cominciato intorno al 1994 ed erano arrivati al debutto discografico nel 1998 con l'ottimo Anybody Out There?, che sembrava il primo passo di una bella avventura. Sul più bello, però, proprio mentre il gruppo si accingeva a rientrare in studio, Philippidis fu coinvolto in un brutto incidente d'auto che rischiò di costargli la vita e costrinse la band ad uno stop forzato. Ristabilitosi Philippidis, la band riprende ora il filo della propria musica con questo omonimo album, cosciente di aver forse perso l'attimo giusto per il grande salto, ma al contempo desiderosa ancora di far fluire le proprie piccole canzoni.

E il disco che ci ritroviamo fra le mani è semplice e gentile, in cui il folk e le atmosfere cantautorali si mischiano a suggestioni mediterranee, a ritmi spezzati ed insoliti, decisamente poco "americani". D'altronde è lo stesso Delopoulos, anima e voce del progetto, che ci tiene a rimarcare le sue origini e le sue tradizioni (compresa l'appartenenza alla Chiesa Ortodossa che fa sì che in America il gruppo sia catalogato sotto l'insulsa etichetta di "Christian rock"…ça va sans rien dire). E forse questo attaccamento alla propria tradizione giustifica anche il costante rimando ad un altro insigne cantautore di origini greche, ossia Stephen Demetriou Georgiou, un tempo Cat Stevens. L'ombra di Cat Stevens, infatti, aleggia su tutte le undici canzoni dell'album, venendo evocata talvolta in modo sottile e talvolta, invece, con citazioni quasi pedisseque (si sentano le armonie vocali di Orchestrated Love Song e le si paragonino ad una certa signora D'Arbanville…).

Tuttavia, sempre se l'ascoltatore sarà pronto a passar sopra ad una certa mancanza di originalità, il disco potrà riservare delle sorprese molto gradevoli, a partire dalla splendida Don't Forget to Write che apre il disco con il suo andamento sinuoso e popolaresco allo stesso tempo. A volte sono le suggestioni cantautorali a prendere il sopravvento, come in Love Reclaims the Atmosphere, Live in a Van o nella bella traccia conclusiva The Other Country. Altrove invece sono gli aromi mediterranei a farla da padrone, con le chitarre che disegnano arabeschi fra il flamenco e le progressioni greche, come nella già citata Orchestrated Love Song, in Tonight, che suona come un Paul Simon innamorato dell'Andalusia, e soprattutto nella strepitosa e trascinante Santorini, un sentito e gioioso omaggio di Delopoulos alla propria terra d'origine. Insomma, non aspettatevi grandi arzigogoli: qui semplicità è la parola d'ordine. E ben vengano dischi come questo, semplici, rilassati ed allegri. Ogni tanto ce n'è pur bisogno! O no?
(Gabriele Gatto)

www.burlaptocashmere.com


   


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