inserito 01/08/2011

Cody Canada & The Departed
This Is Indian Land
[
Blue Rose  2011
]



Ripartire da zero per Cody Canada significa ritornare sui passi della sua terra natale, l'Oklahoma, li dove tutto è cominciato una quindicina di anni fa alla conquista del mercato country rock texano con i suoi Cross Canadian Ragweed. La band di punta del cosiddetto movimento "Red Dirt", circuito di band, etichette, locali che ha rinvigorito il genere (e il relativo mercato) nell'ultimo decennio, ha annunciato un rompete le righe molto doloroso per i numerosi fan proprio nei mesi scorsi. Canada non è rimasto però alla finestra, ma si è subito rimesso al lavoro concependo un mezzo disco solista, in condivisione con The Departed, gruppo formato insieme all'ex compagno Jeremy Plato al basso, alle chitarre di Seth james, alle tastiere di Steve Littleton e alla batteria di Dave Bowen (in studio si aggiungono diversi altri ospiti). Una formazione subito più versatile dei CCR, meno arcigna nel suono e lontana dall'hard rock che spesso alimentava la musica di Cody Canada, anche se le distanze stilistiche non sono naturalmente abissali. Quello che davvero contraddistingue This is Indian Land, esordio già accolto con tutti i favori dalle charts di settore Americana, è la sua scaletta formata interamente da cover di autori che hanno forgiato il nostro protagonista come musicista negli anni giovanili.

Ecco dunque scorrere un lungo elenco di canzoni appartenute e firmate da Tom Skinner, Bob Childers, Greg Jacobs, Kevin Welch, tutti songwriter essenziali per la diffusione del suono Red Dirt, alla conquista di Nashville. A queste figure, che hanno svolto una sorta di ruolo di padrini per lo stesso Cody Canada, si sono quindi aggiunte vere e proprie icone dello stato, come il JJ Cale di If You're Ever in Oklahoma e il Leon Russell di Home Sweet Oklahoma, due dichiarazioni di affetto per la terra d'origine che parlano chiaro sulla natura di questo progetto discografico. L'esito mi pare si possa dichiarare mediamente riuscito, seppure penalizzato da una lunghezza eccessiva (diciotto tracce in tutto per quasi settanta minuti di musica, compresi alcuni brevi parlati di raccordo, in cui intervengono voci amiche) un punto di partenza però che andrà sviluppato e soprattutto confermato da successive uscite di materiale autografo. Qui possiamo giudicare positivamente, come in qualche modo anticipato, gli obiettivi di Canada di avvicinarsi maggiormente alle radici country, proponendo il sound acustico e roots di Make Yourself Home e quello rustico, country blues di Water Your Own Yard, o ancora l'intima A Little Rain Will Do e la citata If You're Ever in Oklahoma, marcata da un arrangiamento di organo che ricorda molto lo stile originale di JJ Cale.

Ciò non significa che siano state abbandonate del tutto le fondamenta rock del musicista, anche se i momenti più deboli del disco sono proprio le sfuriate alla Face on mars, la funkeggiante True Love Never Dies, una swingata Kicking in Amsterdam cantata in coppia con l'autore Kevin Welch (veramente di scarso gusto il suono della chitarra solista...) o quelle ballate elettriche che strizzano l'occhio ai vecchi sostenitori (Home Sweet Oklahoma, Years in Making, Skyline Radio, la più mainstream e potenziale singolo). Episodi anche genericamente gradevoli ma troppo prevedibili, che convincono davvero soltanto quando The Departed prendono la via del Sud: Staring Down The Sun è infatti una ballad epica che evoca i Lynyrd Skynyrd del modello Simple Man, mentre la successiva Any Other way, con quella introduzione del piano, rimanda ai cugini dell'Allman Brothers Band. Luci e ombre quindi, ma un punto di ripartenza, di nuovo sulla strada.
(Davide Albini)

www.thedepartedmusic.com


   


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