Artista
sottovalutata se ce n’è una, soprattutto per la sua idiosincrasia alle luci della
ribalta e alle regole del mercato, k.d. lang (non a caso da scriversi rigorosamente
in minuscolo) torna a farsi viva e lo fa alla grande riportando tutto a casa,
ritornando a quel country pop suadente, scazzato, sognante che la fece notare
ad inizio carriera. Così come allora, anche adesso c’è una band che la asseconda
e la esalta e con cui l’artista canadese condivide l’intestazione: all’epoca erano
i Reclines, oggi è la volta dei Siss Boom Bang, bizzarro nome dietro cui
si celano Joe Pisapia (co-produttore, co-autore di 6 brani, polistrumentista e
autentico alter ego di k.d nell’intera realizzazione del disco), Daniel Clarke
(tastiere), Joshua Grange (chitarre e dobro), Lex Price (basso) e Fred Eltringham
(tamburi). Giusto citarli tutti perché se le dieci tracce sfoggiano un sound smagliante,
classico e sempre vivo, una buona fetta di merito va a loro. Titolo paradossale
Sing it Loud, perché queste sono canzoni niente affatto tonanti,
anzi, è musica che va lentamente in circolo, bussa delicatamente anziché buttare
a terra le porte, si insinua piano fino a riempire le stanze.
Basta ascoltare
anche solo Perfect Word per convincersene:
canzone magicamente sospesa a mezz’aria, una spada che ti trafigge con il canto
sensuale di k.d. (“the fire from your tongue is burning uncontrollably, I’m only
human after all”) e le chitarre che lanciano in orbita la melodia. Sulla stessa
lunghezza d’onda il late night blues di Sugar Buzz,
un pasticcino ripieno di un hammond lascivo, così come la gemella A
Sleep with no Dreaming, altro esempio di classe cristallina che si
avvale del magistrale drumming sottotraccia di Eltringham. L’inclinazione pop
è presente in altri due highlights del disco: Habit of
mind, con un ritornello che si apre e galleggia su un banjo luminoso
e The Water’s Edge che cerca e trova un easy
listening già esplorato più volte in passato dalla cantautrice dell’Alberta (si
pensi a un disco come Invincible Summer del '99). L’introduttiva
I Confess è l’episodio più ambizioso: partenza con un piano jazzato
e poi l’improvviso crescendo con un arrangiamento che strizza l’occhio al melò
e al flamenco. La title track è un godibilissimo divertissement in cui lang rompe
la quiete con un ritornello autoironico e insistito. E con la sua morbida versione
di Heaven dei Talking Heads, k.d. si conferma
anche una della artiste che meglio sa far proprie le canzoni altrui, dote peraltro
già abbondamente messa in mostra in Hymns of the 49th Parallel, disco in cui rendeva
omaggio al tanto bendidio della sua terra.
Uscire con un disco così fresco
ed ispirato dopo 25 anni di carriera è patrimonio di pochi, è il segnale definitivo,
se ancora ce ne fosse bisogno, di un talento che piazza l’antidiva canadese nel
novero delle grandi donne della musica nordamericana degli ultimi trent’anni.
Sing it Loud è il disco perfetto per chiudere in bellezza questi giorni nebulosi,
un decreto anti-crisi per le serate col fiatone. Accomodatevi sul divano e partite
con k.d.: un’ondata di bellezza vi accarezzerà. (Gianuario Rivelli) www.kdlang.com