inserito 11/10/2011

Lydia Loveless
Indestructible Machine
[Bloodshot
 2011
]



Wow ragazzi, che botta! La signorina Loveless, Lydia Loveless, anni 21, da Columbus (Ohio), con una manciata di canzoni, molte delle quali di ottima fattura, con l'entusiasmo e la sfrontatezza tipica della gioventù mi ha letteralmente risvegliato dalla fatica e dal torpore dei trascorsi caldi giorni di settembre. La nostra giovane chitarrista e cantante, ha idee e coraggio, suona sempre il classico roots rock americano, la via su cui hanno raccolto gloria centinaia di musicisti negli ultimi 40 anni, ma lo fa con entusiasmo e la freschezza che solo l'arroganza dei vent'anni può avere. Una voce, forte e squillante, matura ed espressiva che al primo ascolto mi ha riportato alla mente Maria McKee dei Lone Justice, ma - per rimanere all' attualità - molto vicina anche a Neko Case o Gillian Welch, dalle quali si discosta per l'approccio più punk, allo stesso filone country rock che racchiude tra le sue fila anche un'altra più matura Loveless, tale Patty, decisamente più ortodossa. Lydia Loveless ha imparato a destreggiarsi tra accordi e melodie del rock, accompagnata da una validissima band, ci mette di suo una gran bella voce, già perfetta per scrivere e cantare canzoni capaci di avere quel qualcosa in più - fondamentale - per distinguersi nel calderone del country rock americano. Centinaia di artisti che pubblicano bei dischi, sempre ben suonati ma purtroppo viziati dal effetto "già sentito" che alla lunga impedisce a molti, pur validi musicisti, di spiccare il volo.

Andiamo al disco: secondo lavoro per Lydia, Indestructible Machine, pubblicato per l'etichetta Bloodshot, parte potente con una cavalcata country punk, Bad Way To Go, con un vivace banjo di sottofondo, e quella voce sorprendentemente sicura pur rivelandosi poco più che maggiorenne; Can't Change Me si sposta su territori decisamente più rock, chitarre elettriche dal riff veloce e ancora una volta la voce plastica che sa dare profondità nel ritornello. More Like Them può essere già una hit, bella melodia, mi ricorda certe cose di Lucinda Williams degli esordi, ma certamente anche i vecchi Lone Justice. How many Women, quarto brano del disco, non poteva che essere una ballad country, splendidamente cantata in pieno stile Nashvilliano.

Jesus was a Wino
riesce a spiazzarmi veramente, gran bel pezzo, scoppiettante honky tonk, ritmo serrato e chitarra acida a cesellare le pause del cantato, così come il sesto pezzo dell' album, Steve Earle, parrebbe un tributo ad uno dei più amati cantautori americani, fino ad arrivare al mio brano preferito del intero lavoro, Learn To say No, gran bel pezzo, melodico e suonato con gli ingredienti giusti, chitarre che graffiano su amplificatori valvolari, e la splendida Lydia che canta come si deve cantare una ballad rock. Concludono il disco Do Right e Crazy, immancabile brano chitarra e voce, giusto per sottolineare quelle origini, sacre e irrinunciabili, che accompagnano una delle prossime scommesse, certamente vincenti del nuovo movimento roots americano. Gustiamoci questa giovanissima, brava e coraggiosa Lydia Loveless.
(Silvio Vinci)

www.bloodshotrecords.com/artist/lydia-loveless


   


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