Lucinda
Williams Blessed
[Lost
Highway / Universal
2011]
Ispiratissima,
concentrata, con un sound levigato quel tanto che basta a dare i giusti contorni
alle canzoni ma suonato come se fosse dal vivo, Lucinda Williams sfodera
un disco che è l'apoteosi del suo songwriting, delle sue capacità di performer
e della sua splendida, innata indole rock'n'roll. Il termine di paragone più vicino
è, senza esitazioni, il suo capolavoro, Car Wheels On Gravel Road: Blessed
è meno istintivo e più ragionato, cede qualcosa alla freschezza (ed è anche inevitabile,
visti gli anni e i dischi consumati da Lucinda Williams) e ne guadagna in maturità.
Soprattutto ne guadagna il suo suono, sospeso sempre tra le ballate rarefatte
e le spettacolari incursioni in uno dei rock'n'roll più elettrici degli ultimi
anni, ne ha guadagnato. Va detto che alla solida coppia di produttori che già
l'aveva seguita per Little
Honey, ovvero Eric Liljestrand e Tom Overby, si è aggiunto Don Was
e gli effetti si sentono soprattutto in termini di omogeneità e di impatto sonoro.
Persino l'invitato di turno, Elvis Costello, che qui rende il favore a Lucinda
Williams per il duetto su The Delivery Man sembra un altro. La sua chitarra (insieme
ad altre due o tre, per inciso) rende Seeing Black
una meravigliosa cavalcata elettrica e il fatto che sia messa lì, nel cuore di
Blessed, non deve essere un caso.
Attorno a Seeing Black, si coagulano
anche Soldier's Song, una ballata strepitosa
che racconta questi anni di guerra come nessun altro ha fatto, e la stessa Blessed
che in sé è la migliore carta d'identità di Lucinda Williams. Non ci importa il
gossip (c'è fin troppa gente che se ne occupa), ma in tutta evidenza il recente
matrimonio ha giovato alle condizioni in cui scaturisce il suo songwriting: a
parte Seeing Black, Soldier's Song e forse Ugly Truth,
la Lucinda Williams di Blessed è un'appassionata, convinta e particolarissima
interprete degli "inarticolati linguaggi del cuore", per dirla con Van Morrison.
Sa di cosa sta parlando quando si parla d'amore (e qui, invece, per citare Raymond
Carver, uno che non è molto distante dalle sue visioni): To
Be Loved, Sweet Love, Kiss
Like Your Kiss celebrano l'amore a tutto tondo, che poi non è riferito
soltanto ai legami con un'altra persona, ma è tout court un modo di affrontare
la vita.
Basta sentire Buttercup (non
è difficile, è la prima del disco) per capire che Lucinda Williams ama gli Stones,
così come tutti quei musicisti il cui nome scompare spesso nelle note a piè di
pagina, ma che sanno dare sempre un contributo superiore. In Blessed ci sono,
tra gli altri, Matthew Sweet alle voci, Rami Jaffe alle tastiere e l'onnipresente
Greg Leisz alle chitarre che, con tutta l'attenzione alle canzoni di Lucinda Williams,
diffondono raffinatezze a piene mani. Di più, non si può chiedere, ma per gli
eterni insoddisfatti, la versione speciale di Blessed contiene anche un altro
disco, The Kitchen Tapes, che ritare Lucinda Williams sola con la
sua chitarra e le sue (e altre ancora) canzoni. Tra i dischi dell'anno, già da
adesso. (Marco Denti)