Bill Toms & The Hard Rain
This Old World
Schoolhouse
2002



La copertina è di quelle che, se avete ancora un debole per certo immaginario rock'n'roll tutto americano, colpisce dritto al cuore. Si respira quell'aria blue-collar tipica di certe ballate da "backstreets", con Springsteen nel sangue, la puzza dell'asfalto e tanta strada da percorrere. E' tutto racchiuso nelle note di This Old World, secondo episodio solista di Bill Toms e dei suoi Hard Rain, eroi minori di un modo sincero e romantico di intendere il rock'n'roll, per giunta ad alto rischio di estinzione e per questio degno di tutta la nostra considerazione. Ovvio che Bill Toms non abbia la stoffa di un fuoriclasse e che le sue canzoni non trasudino pathos sufficiente per competere con i mostri sacri, ma di un chitarrista cresciuto alla scuola di Joe Grushecky (amico di Springsteen, ma soprattutto anima rock operaia di Pittsburgh) ci si può fidare quasi ciecamente. Per questo atmosfere e radici sono totalmente in sintonia con quelle del suo mentore (Toms è da anni chitarrista nella band di Grushecky): sullo sfondo le acciaierie della capitale della Pennsylvania, storie, desideri ed amori di ordinaria quotidianità, qualche romantica ballata al neon (Born on the streets of heartache, springsteeniana fino al midollo, It's just like you), intervallata a rockacci crudi e nudi (Here with you tonight). Ogni tanto Toms prova anche a riciclarsi come folk singer dall'animo acustico e riflessivo: purtroppo A girl like you e I'm getting off this train aprono e chiudono la raccolta senza eccessivi sussulti. Non è il ruolo tagliato per lui e, fatta eccezione per una Million miles from home che sembra uscire da Wildflowers di Tom Petty, la differenza si sente solo quando entrano in gioco le chitarre d'appoggio di Vinnie Q ed il sax di Phil Brontz, che trasformano What's a man to do in un rhythm'n'blues sporco e pieno di groove come piace tanto a Keith Richards.
(Fabio Cerbone)

www.billtoms.com