Brian Jay Cline
Fast Train to Brooklin
BJC
2001




Avevamo fatto conoscenza con questo giovane rocker di Las Vegas circa un annetto fa, in occasione del suo debutto solista, Twisty Town: la scena cittadina, contrariamente a quanto si possa pensare, è molto viva e di recente ci ha regalato un buon disco di robusto roots-rock da Mark Huff, amico dello stesso Cline. Autentico outsider del rock provinciale più defilato, Brian esordiva con un innocente pop-rock stradaiolo, un poco demodè nei suoni, ma assai gradevole per gli amanti di un genere messo troppo presto in soffitta dalle nuove generazioni. Fast Train to Brooklin mantiene quell'impronta fuori moda negli arrangiamenti e nelle sonorità, facendoci piombare di colpo nei primi anni '80, ma sembra svoltare decisamente verso un pop sbarazzino, dominato da chitarra e tastiere, che perde gli aspetti più crudi e blue-collar del passato. Scelta ancora una volta coraggiosa, perchè in antitesi con i gusti di oggi, ma anche controproducente nella resa finale, tanto che si fa fatica ad arrivare fino in fondo senza sbadigli. Undici innocue canzoni, power-pop sulla scia di Nick Lowe e Marshall Crenshaw (qualcuno se li ricorda?), melodie frizzanti e rare impennate rock'n'roll: come anticipato, non tutto fila per il verso giusto, qualche brano fa la figura del riempitivo (le movenze reggea di Angel in disguise o le atmosfere old-time di Old timey#9), tuttavia nel mucchio saltano all'occhio diversi gioiellini, testimonianza di un talento ancora acerbo, ma di buone speranze. Per esempio l'apertura con la beatlesiana The story of you and me, il sax e le movenze sixties di This town, l'appeal da autentico singolo di Double parked heart, arioso pop-rock che si guadagna facilmente la corona di migliore episodio della raccolta. Un cambio di rotta che potrebbe dare frutti col tempo: per il momento piace soprattutto la tenacia nel difendere i propri gusti.

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