Stephen Bruton
Spirit World
New West 2002

1/2


Stephen Bruton
è uno di quei personaggi che nascono e vivono con la musica nel sangue. Narra la leggenda che restò folgorato dalle chitarre durante un concerto jazz a cui assisté da ragazzo. Da allora la sua carriera di musicista e di chitarrista, si è sviluppata come gregario di gente come Bonnie Raitt e Kris Kristofferson, tanto per citare un paio di nomi. Ma la passione per le chitarre e la lunga esperienza nei più svariati stili musicali -"ha suonato tutto quello che può essere suonato…."-, lo ha portato ad una discreta carriera come songwriter. Invero, questa sua terza prova solista, Spirit World, non rende onore ad una simile carriera e ad una produzione di tutto rispetto curata da Mark Goldenberg. Serpeggia, su tutto il disco un'aria vagamente blues, ma con arrangiamenti troppo pop, nell'accezione più negativa del termine. Non ci sarebbe niente da dire se il disco fosse strutturato come una delle sue canzoni migliori, Acre of snakes, un buon rock elettrico, giusto per l'autoradio, o come la notturna Hate to Love, dove le chitarre sono una poesia d'amore. Per il resto Spirit World, fatta eccezione per la title track, una ballata elettrica con un accenno di riff chitarristico, e per Make that call (che potrebbe essere essere un bel bluesaccio, se non fosse così pulitina), resta solo carino e orecchiabile; probabilmente una produzione meno ricercata e maggior spazio all'istinto avrebbero dato più vita a tutte undici le canzoni, che a fatica escono dalle tracce del CD. Da notare nelle note di copertina, la profusione di ringraziamenti a chitarristi e produttori di chitarre acustiche ed elettriche; ringraziamo anche noi, ma la prossima vogliamo sentirle, queste chitarre…
(Giuliano Denti)

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