Dutch Henry
1973
Dutch Henry 2002



Cosa trapela di nuovo dalla musica di questo giovane quartetto del Michigan? Ad essere sinceri nulla in particolare che possa distinguerli da una lunga tradizione coltivata in questi anni nella provincia americana. Eppure, sarà
la breve durata (otto brani per trenta minuti scarsi, una sorta di ep) e la freschezza che emana ogni singola nota, 1973 non spreca una sola canzone e si candida felicemente tra le uscite indipendenti più oneste che mi sia capitato di ascoltare di recente. Fatte salve dunque le inevitabili accuse di "rubare" idee, accordi e ispirazione dal passato, questi ragazzi sanno come far viaggiare le chitarre, unendo ad arte roots-rock, elettricità e melodia. Greg Miller (voce e chitarre) e Mitch Wood (basso) sono due vecchi amici che hanno unito le forze per mettere in piedi il loro sogno rock'n'roll: quest'ultimo ha preso le sembianze dei Dutch Henry, con l'aggiunta delle chitarre e del mandolino di John Merchant e della batteria di Dan Reyers. Ad eccezione di Midwest Blues, vivace country-rock firmato da Merchant, tutto il materiale ha origine dalla coppia Miller-Wood, che devono aver consumato fino alla noia i dischi di Johnny Cash e Steve Earle, aggiungendoci una punta di rock operaio stile John Mellencamp. On A Dime parte col piede giusto, il suono frizzante delle chitarre e gli ottimi impasti vocali: da qui in poi si passa in rassegna una buona mezz'ora di roots-rock a denominazione d'origine controllata, dalla vibrante elettricità della title-track all'accoppiata Wealty Man (bello l'insero dell'organo) e Poorhouse, che sembrano uscire da Exit O di Steve Earle, dalla galoppata country-rock di Slow Moving Train alla dolce chiusura acustica di Martha. 1973 è un piccolo disco che riappacifica con i vecchi schemi del rock di provincia e i Dutch Henry una band che non chiede altro se non trenta minuti di gloria.
(Davide Albini)

www.dutchhenry.net