The Standard
August
Touch & Go 2002



C'è un contrasto evidente tra il titolo scelto per il secondo lavoro degli Standard e le inquietudini musicali suscitate dal loro indie-rock malinconico, contorto e sfuggente. L'agosto vissuto da questi cinque ragazzi di Portland, Oregon, è squarciato da nubi funeste e temporali improvvisi che giungono a rompere l'apparente calma dell'ambiente circostante. August segue a poco più di un anno di distanza l'esordio di World's Greatest, con cui la band era stata frettolosamente inserita nella lunga coda delle esperienze post-grunge. Il passaggio alla prestigiosa Touch and Go, svela qualche segreto in più sulla formazione. Il leader e chitarrista Tim Putnam assesta la line-up aggiungendo un nuovo tastierista (Gail Buchanan) caratterizzando ulteriormente gli arrangiamenti. In questo modo le radici punk degli Standard, a tratti sfiorate da un attegiamento glam (Behind The Screens), si stemperano in sonorità eteree, lussureggianti, strizzando l'occhio a certo rock progressivo di impronta sinfonica. Prova ne siano brani dall'impostazione sontuosa, travolti da continui cambi di tempo e nervose lacerazioni elettriche, quali la lunga suite The Five-Factor Model o Bells To The Boxer, che sembrano scontrarsi con il passo rallentato di alcune depresse ballate a metà strada tra attitudine post-rock (A Year of Seconds) e strutture più classicamente pop (la dolce Angelicate). La sensuale produzione di Jeff Saltzman (già all'opera con Stephen Malkmus) non fa che accrescere le caratteristiche della band, spingendo i loro cerebrali intrecci verso soluzioni molto spesso indigeribili, specie il finale al rallentatore di When Everything Went North e The Quiet Bar. Almeno che non siate fervidi estimatori di un moderno alternative-rock da salotto, vi riuscirà difficile sopportare i loro languidi attegiamenti.
(Fabio Cerbone)

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