inserito 20/10/2011

Barrence Whitfield and The Savages
Savage Kings
[Munster 2011]



Riuscite a immaginare una torrida session di qualche sconosciuta garage band, catalputata per caso nel bel mezzo degli studi della Stax, persa sulla strada Memphis e il Mississippi? Grosso modo è l'effetto prodotto da una rasoiata come (Your love is Like a) Ramblin' Rose, fra chitarre che trasudano scintille hard blues e un canto sguaiato che mette insieme, se fosse mai possibile, Wilson Pickett e Bon Scott. Barrence Whitfield è il portavoce di un torrido r&b, mai preso troppo sul serio, che non si vergogna di fare a pezzi una certa tradizione da "deep south", portando un poco di sconquasso fra le mura dei Muscle Shoals e di tutta la leggendaria produzione del soul sudista. La sua vocalità all'eccesso, capace di toccare le corde della passione tipica del genere, ma spesso e volentieri abbandonata a latrati e urla di un rocker particolarmente su di giri, è il collante di una band, The Saveges, che parla la lingua di un rock'n'roll bianco e punk nei decibel, ma nero, nerissimo nell'anima.

Per chi frequenta bassifondi e strade secondarie del genere, conoscerà forse il nome di questo funanbolo di Boston, che proprio insieme al chitarrista Peter Greenberg e al basso di Phil Lenker ha dato via all'avventura dei Savages nei primi anni Ottanta. Un discreto successo fuori dai confini nazionali, con tour in Inghilterra, un contratto per la Rounder e la stima di gente come Costello e Robert Plant. I primi lavori diventano presto un culto, ma negli States restano un fenomeno confinato al semplice revival, complice un repertorio che insiste sulla rivisitazione dei classici, pur nella concezione "sgarbata" del gruppo. Alcuni membri in seguito abbandonano la baracca, Whitfiled prosegue per conto proprio e si inventa nuove formazioni, facendosi un nome grazie alle sue esibizioni incendiarie e quella irriverenza da stregone nero che viene ribadita anche sulla copertina del nuovo Savage Kings. È il disco del ritorno, una reunion che mette insieme i membri fondatori Greenberg e Lenker e si completa con James Cole alle tastiere, Andy Jody alla batteria e Tom Quartulli al sax, portando nuova linfa alla formula dei Savages. I quali si danno da fare con i brani originali, pescano qualche azzeccato classico minore (fantastica You Told a Lie di Howard Tate) e confermano di essere una autentica party band, con una carica assassina e un tasso di elettricità da risuscitare anche i morti.

Nella prima parte si affollano le cover, poco note: Just Move In è un rock'n'roll che esalta le radici rockabilly di Greenberg alla chitarra, mentre la band corre a rotta di collo, It's Mighty Crazy è più provocante e sporcata di boogie e di You Told a Lie si è già detto, ballata soul che Whitfield straccia e tortura a piacimento con il suo screaming forsennato. Con Willie Meehan partono gli episodi composti in casa e l'indice rock sale fino all'ebollizione: l'intreccio di garage e pulsioni r&b garantite dai fiati prende al gancio e non molla la presa un solo istante. Prendere o lasciare: Savage Kings sono trentatrè minuti sparati a razzo e senza troppi complimenti, tra l'incalzante rock blues di Who's Gonna Rock My Baby e le trame garage sixties di Stop Tryin' To Break Me down, le esplosioni strumentali di 64W MM232, la festa danzante di Barefoot Susie e il classico finale tormentato e ricco di pathos di Bad Girl. In tempi di vacche magre per energia, chitarre e radici black Barrence Whitfield and the Savages vanno a rimpolpare l'ottima compagnia creata da Black Joe Lewis e pochi altri reietti.
(Fabio Cerbone)

www.barrencewhitfield.com


  


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