|
Mary
Woronov
Tutto quello che avreste voluto sapere sulla Factory di Andy Warhol...
Meridiano Zero pp.205 |
Giovanissima, Mary Woronov venne introdotta da Gerard
Malanga nel'olimpo di Andy Warhol per cui recitò alcune delle parti più
scabrose nei suoi esperimenti cinematografici. Va ricordata soprattutto per Chelsea
Girls, ma anche per le dozzine di performance in frusta e cuoio nero che distinguevano
la parte più appariscente e acida della Factory. Quella dei Velvet Underground,
per intenderci: speed, drag queen, il Max's Kansas City e il Lower East Side.
Acido, crudele, senza alcuna mediazione metaforica, il racconto di Mary Woronov
tratteggia vite vissute pericolosamente inseguendo il mito dell'arte e alimentando
alle estreme conseguenze gli aspri scontri in quella folle comunità che era la
Factory di Andy Warhol. Nel rimbalzare da un party all'altro, imbottita di droghe
e di acute nevrosi, Mary Woronov perde il contatto con la realtà e magari trova
in Lou Reed quasi un compagno di viaggio ideale, ma non è sicuramente sufficiente
ad imperdirle di stramazzare, sfinita e distrutta, su un marciapiede di New York.
Tra un film e uno spettacolo, un litigio e una cattiveria, Mary Woronov si era
accorta, quanto fosse difficile districare la vita dall'arte e dalla follia, ma
il suo lungo viaggio verso il termine della notte doveva compiersi in cerca di
un approdo. Un'odissea raccontata con lo stesso coraggio di Hubert Selby jr e
da leggere con il rigoroso sottofondo dei Velvet Underground (Walk on Wild
Side e Vicious) per cominciare e di Lou Reed (There's No Time e
Halloween Parade) per finire | | |
|
Jackie
Kay
Bessie Smith Playground
pp.206
|
"Quando ero una ragazzina, Bessie Smith mi confortava, mi diceva che non
ero sola, mi teneva compagnia. Immaginavo la sua vita, mentre inventavo la mia:
non sarei diventata la donna che sono senza di lei": è in queste poche righe che
si condensa tutto il senso del libro di Jackie Kay, che è, nello stesso
tempo, una sua autobiografia e una biografia di Bessie Smith. Come possano
convivere l'evoluzione di un'adolescente scozzese e la tormentata e drammatica
esistenza di una delle più grandi cantanti afroamericane è un mistero che si può
risolvere soltanto scoprendo la scrittura di Jackie Kay. Un tono confidenziale
ma non pedante, il gusto per l'informazione e la storia, senza l'accademia in
mezzo, un ritmo che sembra riflettere naturalmente lo swing delle canzoni di Bessie
Smith: tutto scorre in questa sorte di ibrido letterario dove biografie, romanzo
e storia s'incrociano delineando, in primissimo piano, quel processo di identificazione
che ci porta a riconoscerci nella musica, da qualunque parte del mondo essa provenga.
Lo si scopre nelle battute conclusive, quando Jackie Kay confessa: "I blues di
Bessie (Smith) hanno cambiato la mia vita. Hanno convertito la mia anima. Qualsiasi
tipo di arte, quando è vera arte, ti trasforma, ti spinge a porti domande sul
mondo in cui vivi, sulla gente, sulle leggi, su te stesso. La vera arte può cambiare
la visione che hai di te stesso". Un libro curatissimo (comprese cronologie, mappe
e appendici varie) che vibra come un blues. Basta sentirlo. |
|
|
Alessandro
Pizzin
Frank Zappa Editori Riuniti
pp. 128 |
Sull'importanza di Frank Zappa, che piaccia o meno, non si può discutere.
E' stato un grande compositore, un geniale chitarrista ed un polemico (spesso
e volentieri a ragione, basta rileggere la storia della sua lotta contro la censura)
con pochi eguali nella storia del rock'n'roll. Dal punto di vista musicale la
sua sterminata produzione necessitava sicuramente di una guida sintetica, di rapida
consultazione e abbastanza completa per districarsi nella miriade di incisioni
e non a caso sono proprio queste ad occupare un buon cinquanta per cento del libro
in questione. L'altra metà è dedicata ad una spigliata biografia, nonché ad alcune
pagine dove le sue battute fulminanti sono protagoniste. Forse ne basta una a
ricordare la sua lucidità e i suoi taglienti punti di vista e sono due righe che
ci riguardano da molto vicino: "Senza la musica che lo ravviva, il tempo sarebbe
solamente una continua sequenza di scadenze e appuntamenti per pagare le bollette".
Niente di più vero, e in appendice si trovano anche nomi, storie e annotazioni
critiche dei discepoli di Frank Zappa, che hanno raccolto l'eccentricità come
un mandato filosofico e la musica come un assoluto. Ad occhio e croce non tutti,
come anche molte delle produzioni di Frank Zappa stesso, sono facilmente digeribili,
ma in questo caso vale un altro dei suoi motti: "La mente è come un paracadute,
non funziona se non si apre". | | |
|
Valerio
Vecchi
Marlon Brando, Il ribelle Bevivino
ed. pp.91
|
Una valanga di soldi, persino un'isola nel Pacifico, e una vita tormentata quanto
quella di una rock'n'roll star: Marlon Brando è stato un'icona per almeno
due generazioni, quelli che l'hanno visto in Fronte del porto e quelli che l'hanno
visto in Apocalypse Now, eppure non è riuscito a sfuggire alle sue ombre. Avrebbe
dovuto immolarsi come James Dean, lasciando un bel cadavere a crescere il mito,
e invece si è trascinato a lungo, nella sua vita, difendendo il diritto (o la
speranza) ad essere considerato un uomo come tutti. Ingrassato ed invecchiato,
quasi a voler far dimenticare volontariamente il suo passato, Marlon Brando non
ha mai smesso di ribellarsi ai cliché di Hollywood anche quando l'età e una certa
lentezza di movimenti consiglierebbero qualche grano di saggezza in più. Nella
collana I cattivi, il suo volto pensieroso e un po' incupito ci sta alla
perfezione perché Marlon Brando è stato ed è tutt'ora un caso a parte nella storia
del cinema, un superbo e geniale interprete, ma anche un bizzarro outsider, a
cui la vita non ha risparmiato nulla. Senza avere altra pretesa, se non quella
di un'introduzione biografica, le novanta pagine a lui dedicate, con il titolo
non casuale de Il ribelle, si leggono in semplicità, ma non mancano di
fornire un identikit abbastanza preciso di un personaggio, un attore che, tra
una rissa e l'altra, ha scritto una parte non trascurabile del cinema moderno. |
|