inserito 13/06/2011

Paolo Bonfanti
Takin' a Break
[Club de Musique  2011]



Paolo Bonfanti torna all'inglese e ai suoi amori "americani", miscelando canzone roots e radici blues con la solita garanzia di esperienza e buon gusto. A conti fatti sono più di dieci anni che non accadeva (erano i tempi di On the Outside, sempre su Club de Musique), quanto meno con un album di studio di materiale inedito, se pensiamo che nel frattempo erano apparsi un intero disco di cover (The Chosen Few), il progetto Gamblers con Jono manson e John Popper e soprattutto gli interessanti tentativi di avvicinarsi alla scrittura in italiano, buon ultimo il convincente Canzoni di Schiena del 2009. Takin' a Break riprende invece la via della tradizione su cui si è formata la chitarra funambolica e il songwriting del musicista ligure, e lo fa addirittura raddoppiando la posta poichè in contemporanea propone anche un lavoro a quattro mani (Purple House, dal taglio più r&b e soull) con il bassista e collaboratore di lungo corso David James (qualcuno si ricorda dei Fish Heads & Rice?).

Restando però al solo Bonfanti, il rosso di copertina di Takin' a Break suggerisce passione e intensità, che trovano conferma nelle dieci tracce, in buona parte all'altezza delle qualità già espresse in trent'anni di carriera. Soprattutto si conferma l'impressione che Paolo Bonfanti sia uno dei musicisti italiani che con più intelligenza ha saputo superare le "barriere" già scritte del blues tout court, cercando ispirazione in una american music dai mille linguaggi, lasciando magari ai concerti il compito di amplificare la sua indiscutibile tecnica chitarristica e preoccupandosi invece di mantenere in studio una attenzione per i dettagli delle canzoni e persino per la profondità delle parole. È innegabile ad esempio la forza narrativa di Shoot 'Em all down, sorta di b-movie in piena regola dove una storia di vita ai margini diventa la scusa per un ritratto degno di un film da fratelli Coen; o ancora il commento sociale di Isolation Row e gli sproni e la forza che scaturiscono da Hands, episodi poi mediati da riflessioni più personali, anche con un taglio malinconico in Nowhere Fast e Late Again. Tutto ciò si riflette, come anticipato, anche sulla resa dei brani, che attraversano una serie di umori: partendo dalle trame gospel di Dark and Lonesome Night, con una chitarra elettrica cruda e distorta e un violino (Fabio Biale) dal sapore rurale, si arriva alla dolcezza folk rock di I Got a Mind e Nowhere Fast illuminate dall'accordion di Roberto Bongianino, così come al picking leggero e countreggiante di Late Again, episodi che potremmo davverro aspettarci da uno dei mille songwriter che rischiarano la provincia americana.

Il calore del blues, sia chiaro, non è scomparso, ma con la curiosità propria del musicista, si declina in diverse forme e si mischia al resto del materiale: la citata storia "politicamente scorretta" di Shoot 'Em all down si presta ad un clima swamp appiccicoso, Between Me and You macina un boogie altrettanto pigro e sudista, mentre Isolation Row staziona a metà strada fra la Lousiana e uno spedito rock'n'roll stradaiolo. Peccato soltanto per un rush finale più confuso, tra uno strumentale, Meteorology, che poco si amalgama al resto del repertorio, ed una Hands costruita eccessivamente sul groove (anche con l'utilizzo di qualche loops elettronico nella ritmica) ma troppo accartocciata su se stessa: spezzano una certa intensità che si era andata creando e che ritroviamo per fortuna con la chiusura acustica, solitaria della title track. In ogni caso un'attesa, quella del "ritorno a casa" di Bonfanti, sicuramente ben ripagata.
(Fabio Cerbone)

www.paolobonfanti.it




<Credits>