Cesare Carugi
Crooner Freak
[MRM/ IRD 2016]

www.cesarecarugi.com

File Under: italian roots rock

di Paolo Baiotti (21/04/2016)

Giunto al traguardo del quarto disco in sei anni (un Ep e tre albums), il cantautore di Cecina amplia ulteriormente il suo orizzonte musicale con un progetto, nuovamente finanziato con successo su Musicraiser, che esprime la maturazione del compositore e dell'interprete. Cesare Carugi è un vero appassionato di musica, come autore e come organizzatore di concerti con il Roots Music Club (tra i colpi di quest'anno ricordiamo Jesse Malin e il tour della prossima estate di The White Buffalo) ed è riuscito a ritagliarsi uno spazio significativo nel panorama del roots rock italiano, genere in continua progressione, pur restando inevitabilmente racchiuso in una nicchia che è difficile ampliare, nonostante i meriti degli artisti.

Il titolo Crooner Freak vuole evidenziare i due volti della musica di Carugi: il lato elegante del crooner e il lato minaccioso e stravagante del freak. Effettivamente è il disco più vario della sua produzione, alternando tracce di ispirazione roots americana a momenti più rock e a contaminazioni pop e West Coast, con un uso della voce a tratti sorprendente. Registrato come sempre a Cecina, con collaboratori di lunga data come il prezioso chitarrista Leonardo Ceccanti, il bassista Matteo Barsacchi e il batterista Matteo D'Ignazi, con i testi in inglese confrontati insieme alla cantatutrice Vanessa Peters, Crooner Freak ha una partenza sparata con il rock tagliente di The Long Black Wall. Ma non lasciatevi ingannare, l'atmosfera si rilassa subito con Waterfall, ballata melodica molto curata anche nelle parti vocali, cambiando un'altra volta con la traccia che mi ha colpito maggiormente, John Butler Train, incisiva ballata di ispirazione western nella quale spiccano il mandolino di Tim Easton, la fisarmonica di Riccardo Maccabruni e il contrabbasso di Joe Barreca (Mandolin' Brothers). E tanto per proseguire con i cambi di ritmo Face In The Crowd ha un passo cadenzato tra Clash e Willie Nile, mentre Beautiful When You Cry è una pregevole ballata intimista arricchita dalla pedal steel di Paolo Ercoli.

La parte centrale del disco privilegia i toni melodici con Farewell San Francisco Bay, che ci trasporta ai confini della Bay Area non solo per il titolo, ma per la melodia e le parti vocali di ispirazione californiana (controbilanciate da un testo duro e amaro), la sconsolata love song Violet e For Many Days To Follow, che si avvicina alle melodie tra pop e prog dei Procol Harum, con una pregevole coda strumentale. Le chitarre tornano a ruggire nella rabbiosa The Underworld, ma si acquietano in The Crowded House, che nel finale ricorda gli impasti vocali dei migliori Genesis. In chiusura Certain Saturday Nights, con un testo sul terremoto emiliano e Like A Long Goodbye, duetto con Eugene Ruffolo, ricalcano toni sobri e morbidi, confermando l'impressione di un disco maturo e meditato, nel quale il Crooner prevale (e non di poco) sul Freak.


    

 


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