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The
Field
In The Basement
[Music
Secrets Records 2013]
garage
rock 60s |
A volte le cose iniziano così, per caso o per passione, e poi finisce che tra
una giornata lavorativa e la vita familiare quattro non più giovanissimi varesini
riescano a produrre un cd come In The Basement, album registrato
già qualche tempo fa, ma solo ora ristampato dalla Music Secrets. I Field
sono una band ormai nota nel varesotto, attivi fin dal 1999 come nome e dal 2004
con la formazione attuale (Luca Selvini voce e batteria, Franco Gialdinelli al
basso, Luca Gallo chitarre e Christian Bossi alle tastiere) e dediti ad un garage-rock
revival che potrete capire quanti pochi adepti possa contare nel nostro paese.
I riferimenti, al di là di tutto il beat inglese degli anni 60, sono quelli dei
13th Floor Elevators e praticamente qualsiasi più o meno conosciuta band sia finita
nel cofanetto Nuggets di Lenny Kaye. Fossero nati negli anni 80 si sarebbero potuti
tranquillamente inquadrare nel recupero di quelle sonorità che diede vita ai dischi
dei Fleshtones o dei Creeps, ma negli anni 2000 questi tredici brani sono classificabili
come puro classic-rock. Difficile distinguere tra i tanti brani autografi (menzione
particolare per In The Fog e You're Nothing)
e le cover (e questo suona già come un complimento), soprattutto se i brani rivisitati
sono sia brani noti come Mr. Soul di Neil Young, Can't
Explain dei primi Love, Pretty Big Mouth dei Count Five o Louie
Go Home di Paul Revere & The Raiders, ma anche oggetti più oscuri come
1-2-5 dei canadesi Haunted o vere chicche come Flashback
dei Moving Sidewalks (embrione di quelli che saranno gli ZZTop). Registrazione
in studio professionale a dispetto del titolo e del genere, ma il feeling è proprio
quello giusto per un sano e rozzo rock di un tempo. (Nicola Gervasini)
www.facebook.com/TheFieldgarageband
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Thomas
Guiducci & The B-Folk Guys
The Heart and The Black Spider
[Thomas
Guiducci 2012]
folk rock, roots
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Dopo
una decennale esperienza nella scena blues italiana e soprattutto in quella locale
di Torino (dove ha collaborato al progetto Studio Blues, coinvogendo importanti
nomi del circuito nazionale), Thomas Guiducci compie il salto solista attraverso
nove inediti che percorrono i sentieri più acustici e rurali di tale linguaggio,
contaminato ai confini del folk, della canzone d'autore, anche di certo sound
di impronta irish. The Heart and The Black Spider è il frutto delle
sessioni con i B-Folk Guys, combo che all'intero armamentario di strumenti acustici
nelle mani di Guiducci (chitarre ma non solo, ukulele, lap steel, mandolino, banjo…)
affianca le colorazioni jazzy un po' retrò della tromba di Stefano Chiappo, la
resonator dell'ospite Dario Lombardo e persino la musette di Simone Lombardo,
che fa sconfinare la musica dei B-Folks verso i profumi d'Irlanda nel finale di
I'd Like to be. In generale le atmosfere
si allontanano dall'impronta elettrica (fra le eccezione la cruda Plenty
of Time) con cui Guiducci ha avviato la sua avventura musicale (così
raccontano le note biografiche), abbracciando un folk blues asciutto e vicino
al sentire delle radici, che brani come Heart Blues, White
Bearded Guy, The Blue Rag, Old Tiger
riflettono in pieno. La voce è spesso sussurrata, un po' incerta, le liriche semplici,
dirette e sintonizzate su emozioni in prima persona: tuttavia ci sarebbe davvero
bisogno a volte di uno scossone, anche solo per uscire da questo canovaccio (il
vertice forse nel lamento in minore di The Black Spider),
alla lunga troppo monocorde e insistito, offrendo l'impressione di canzoni eccessivamente
abbozzate. (Fabio Cerbone)
thomasguiducci.wix.com/bfolk
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| Marcello
Milanese
Goodnight to the Bucket
[Helleluja
2013]
delta
blues |
Undici
brani, una chitarra artigianale e qualche percussione, tutto registrato in un
paio di sedute che complessivamente non hanno occupato più di due ore e mezza.
La lettura del blues che offre Marcello Milanese è quella più cruda e diretta
possibile. Si potrebbe partire da Come on in My kitchen
di Robert Jonson per dare un'idea precisa del disco, ma in fondo è soltanto una
suggestione e per giunta uno dei pochi brani non originali di Goodnight
to the Bucket (gli altri una Ain't No Grave
dai toni gospel ripresa anche da Johnny Cash nei suoi American recordings, e la
conclusiva Mississippi Jailhouse Groan, brano
del 1928 di Rube Lacy). Il dato più curioso resta invece la l'aderenza assoluta
di Milanese ai canoni della tradizione del delta blues, che nei brani autografi
omaggia le sue passioni certo, ma suona pienamente credibile e per nulla in soggezione.
La sua chitarra, costruita in casa e ribattezzata Halleluja H1, lo accompagna
fedelmente nello stomp blues arrembante di Friday Mood e in quello più
aspro della stessa Goodnight to the Bucket
o di Poseidon Blues, evocando gli spiriti
di Son House e Charley Patton. Anche la voce ci mette del suo, carta da sempre
vincente di Marcello Milanese per richiamare i diavoli e le fiamme del peccato
blues: cavernosa al punto giusto, poco propensa a smussare gli angoli, sinceramente
rapita dallo stile affrontato. Certo, un album così "home made" non fa sconti
e forse andrebbe meglio apprezzato in una bollente, alcolica serata dal vivo:
su disco perde un po' del suo fascino rude, ma per chi apprezza le verità scomode
di un vecchio blues è un toccasana. (Fabio Cerbone)
www.facebook.com/marcelloblues |
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The
Running Chickens
Communication Lines Restored
[Ruinning
Chickens 2012]
classic
rock |
Mi pare che non manchi di fantasia questo progetto,
The Running Chickens, sostanzialmente un duo nelle mani di Stefano Dentone
(principale autore dei testi, voce, basso e armonica) e Marcello Dondero (chitarre,
mandolino e dobro) che debutta con la bellezza di sedici canzoni e più di un'ora
di musica prodotta in casa (tanti gli strumenti aggiunti, con gusto artigianale
eppure efficace, dai fiati al pianorte all'organo). Molta carne al fuoco, anche
stiliticamente, passando dai poli opposti dell'arrembante southern rock
Running Chicken Shoes e della ballad dai profumi roots Proud,
a chiudere la scaletta. Nel mezzo tanti stimoli che potremmo genericamente attribuire
all'amore verso i seventies americani e un po' oltre, a ritroso nella ricerca
di una matrice blues che affiora fra le chitarre squillanti, affilate di Marcello
Dondero. Ad esclusiva scelta personale, saltano all'occhio il country rock di
Me Myself And My Hairy Brother, le trame sudiste
di Drunk e Delta Blues (più chiaro
di così), una Old Memories che riporta alla West Coast più sognante insieme
alle percussioni e agli spunti psichedelici di Lonesome
Blues, per approdare al livido rock dalle tinte quasi Paisley Undergournd
di Johnny! ...E si farebbe torto a non ricordare una Ready to Rock
con Bob Seger nelle vene, oppure il blues nero e notturno di Gospel. Quello
che manca ancora è un poco di organizzazione delle idee, per far si che non scappino
di mano in mille rivoli. Insomma, una scrematura nelle scelte, anche se si comprendono
le ragioni dettate dalla passione, dentro un progetto che pensato acustico nella
formula del duo, ha potuto ampliarsi con le opportunità di una produzione home
made. Ci sono però buone potenzialità. (Davide Albini)
www.therunningchickens.com
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