inserito 29/01/2007

Cheap Wine
Freak Show
[Cheap Wine 2007] 


E' un po' ritardo rispetto all'inesorabile cadenza biennale che ne aveva sinora scandito le uscite, ma forse lo si deve al fatto che Freak Show, per i Cheap Wine, contrassegna un piccolo quanto significativo assestamento di rotta. Un passo probabilmente necessario, visto che i precedenti Crime Stories (2002) e Moving ('02) già sembravano aver detto tutto, e nel migliore dei modi possibili, circa un rock'n'roll acido e fiammeggiante, roccioso e corrosivo, che in questi anni il quartetto di Pesaro ha interpretato con un furore, una passione e una dedizione alla causa quasi certamente estranei alla maggior parte dei gruppi americani abituati a muoversi sullo stesso tragitto stilistico. Questo non significa, beninteso, che i ragazzi si siano in qualche modo ammorbiditi, che le loro canzoni abbiano perso mordente o che le liriche di Marco Diamantini (perché nessuno gli ha mai detto quanto è bravo a incastrare rime dotate di senso in un idioma straniero?) abbiano rinunciato a descrivere con un pizzico di malinconia e una tonnellata di disincanto le relazioni sentimentali e i desideri di fuga di personaggi ai margini. Non direi che in Freak Show (che per altri versi è una ruvida radiografia di un mondo in preda a un sistema di valori ormai definitivamente corrotto) i Cheap Wine si siano decisi a battere strade nuove con l'intenzione di non tornare indietro; sono però convinto ne abbiano imboccate diverse e con una disposizione d'animo più leggera del solito. Se hanno voltato pagina, insomma, di sicuro si sono divertiti a guardare un entrambe le facciate del foglio, perché i nove brani di Freak Show provano a mettere da parte la rigorosa coerenza formale dei loro altri lavori per andare a comporre una scaletta più ariosa del solito, in cui lo spettro della musica americana viene citato quasi per intero e senza preoccuparsi di saltare da una fisionomia stilistica all'altra. Accade infatti che alle classiche esplosioni elettriche delle iniziali Dance Over Troubles e Exploding Underground faccia seguito una Time For Action inzuppata di soul (notevolissima Marta Graziani ai cori), e che tutta la prima parte del disco culmini in una Nothing Left To Say (splendida) che, complice l'organo e l'arrangiamento "californiano" di Alessandro Castriota, cita apertamente il Dylan di It Ain't Me, Babe per poi scaraventarlo nel bagno di anfetamine di un finale a dir poco arroventato. Altrettanto singolare è l'intreccio elettroacustico della magnifica Naked Kings, anche se le sorprese più consistenti arrivano dalle pennellate glam del trittico Kenny Bring Me Down / Freak Show / Jugglers And Suckers, febbricitanti evocazioni di Chuck Berry così come le intendevano New York Dolls, Heartbreakers o Hanoi Rocks (tutti, com'è ovvio, istruiti dai Creedence), con la sezione ritmica di Alessandro Grazioli e Francesco Zanotti a macinare un impressionante volume di fuoco punk'n'roll e la formidabile chitarra solista di Michele Diamantini che sanguina le sue rasoiate un po' dappertutto. Terminati i dieci minuti di Evil Ghost, che riporta il suono dei Cheap Wine sul mai rinnegato orizzonte epico degli amati Dream Syndicate, ci sarà qualcuno - ne sono certo - che non esiterà a definire Freak Show un'opera tutto sommato "leggera", magari il proverbiale disco di transizione. Per quanto mi riguarda, invece, ritengo abbiano semplicemente capito (e me lo conferma il respiro della produzione dello stesso Michele Diamantini, agli antipodi rispetto al suono saturo e claustrofobico che aveva caratterizzato la riuscita di Moving e che qui non avrebbe avuto molto senso) che non è sempre utile entrare in studio con l'ossessione di dover realizzare l'album definitivo. Le canzoni di Freak Show suonano grintose come al solito, ma rispetto al passato sembrano ancor più naturali e sicure di sé: le ascolto e le riascolto, e davvero non ho ancora trovato alcun motivo valido per non definirle le migliori che i Cheap Wine abbiano mai composto.
(Gianfranco Callieri)

www.cheapwine.net