inserito 16/04/2011

Green Like July - Four-Legged Fortune  [Ghost records  2011]  
The Miningtown -
Out of Love  [Arkham Records  2011]

In attesa di decidere se la cristallina svolta folk rock dei Decemberists sia stata la mossa migliore per la band di Colin Meloy, o leccandoci ancora le ferite per la caduta di stile dell'ultimo Bright Eyes, potremmo ritrovare tutte le ragioni di un suono e della sua estetica in un trio italiano a metà strada fra la provincia nostrana e il Nebraska. Infatti, sono volati direttamente negli studi di Omaha i Green lIke July, cogliendo l'occasione di lavorare a stretto contatto con quelli che restano i loro padri ispiratori e ai quali giustamente non si vergognano di tributare un omaggio, fin dalla scelta del loro nome. Qui finiscono però le dipendenze dirette, perché Four-Legged Fortune è tutto meno che una semplice replica, semmai una rielaborazione personale, spesso più sincera dei presunti "originali". Certamente risulta un album equilibratissimo nell'intreccio di atmosfere e parole, conciso proprio perchè ha da dire tutto nello spazio che si preso, rendendo credibile la versione di Andrea Poggio (chitarra acustica, voce) Nicola Crivelli (basso, cori) e Paolo Merlini (batteria) alle prese con tradizione folk, le tonalità malinconiche dell'indie rock e le sferzate dell'alternative country più sognante.

Le digressioni bucoliche di Conor Oberst (Bright Eyes) ci sono tutte (da Cassadaga in poi), inutile nasconderle, così come una forma di ballata brillante che in Jackson, A Better Man e Was It Worth After All? può accostanrsi con sicurezza al suono delle radici, trovare persino riverberi degni dei Jayhawks e reintepretarli con in testa la lezione di The Band. Nelle presenze fondamentali di A.J. Mogis (produttore di casa alla Saddle-Creek), Jake Bellows (Neva Dinova) e Mike Mogis (Bright Eyes, Monsters Of Folk) il lavoro di studio acquista una rotondità delle forme che raramente capita di ascoltare a queste latitudini, trasformando le intenzioni dei Green Like July in un concreto album dal respiro americano. Tutto questo non mette in ombra le capacità di Andrea Poggio (una voce morbida e cantilenante la sua, adattissima al genere) e Nicola Crivelli, nucleo storico della formazione che ha avuto la lungimiranza di misurarsi all'estero con altri musicisti ed esperienze, cominciando da un lungo soggiorno a Glagnow. La maturazione è stata effettivamente lunga e la stessa uscita di questo Four-Legged Fortune molto travagliata, ma gli esiti sono tutti da scoprire nell'esplosione cosmic country di Hardly Thelma o nella conclusiva St. John Of The Cross. Senza dubbio una delle rivelazioni dell'anno, per una volta senza inutili distinzioni di provenienza geografica.
( 7.5)
(Fabio Cerbone)

www.greenlikejuly.com

www.ghostrecords.it


Non mi risulta che tra le etnie presenti nel sangue di Alejandro Escovedo ci sia anche quella veneta, ma siccome Rovigo è città seria e laboriosa (così dicono…), da quelle parti hanno risolto la questione in maniera molto pratica costruendosi il loro Escovedo locale. Matteo Baldon, in arte Matt Waldon, sembra infatti aver dato vita ai Miningtown partendo dallo stesso mix del buon Alejandro: il sound della frontiera del Texas, lo spirito musicale della provincia americana più sperduta (il "bel mezzo del nulla" citato da Jeff Tweedy, e lo avrebbe detto anche del Polesine probabilmente), e il rude suono di alcune cavalcate decisamente rock. Idealmente il sound del trio (completano la formazione Albert Wallace e Robert Padovan, ma giureremmo che anche loro all'anagrafe non risultino come tali) si pone a metà strada tra i True Believers e gli Uncle Tupelo, anche se i tre nascono in verità come cover band d Ryan Adams (immaginiamo con risultati ben meno remunerativi di una cover band di Vasco Rossi purtroppo…).

Waldon dimostra di aver ben imparato tutte le lezioni dei maestri, offre ballate sapientemente costruite come Breathe (il piano di Stefano Boranga fa la differenza), l'oscura storia d'amore dark di Dead Soul (Dan Stuart sarà sicuramente fiero di loro per questo numero alla Green On Red) o la più rassicurante Back To You. Oppure quando maneggia bene la materia country-roots con Gone ("..and together walkin on the exile main street" canta Waldon, giusto per togliere ogni dubbio sulla direzione del cd) o Sweet Girl. In alcuni casi la sua voce, un po' secca e tenuta sempre su toni bassi, sembra frenare un po' i brani più lenti (succede in July), tanto che i risultati sono decisamente più incisivi quando i suoni si induriscono ed esce quella vena quasi da garage-rock che rende Sexy N.o.i.l, She's Bad For Me (questa davvero sembra rubata da una sessions dell' Escovedo più punkettaro) o Hello Sunshine dei brani che si annunciano irresistibili alla prova del palco. Disco registrato a Ferrara da Giampietro Viola con i difetti tipici dell'opera prima e qualche piccola carenza nella cura dei suoni, Out of Love è la prima importante pietra di una casa che potrebbe divenire importante se i tre avranno voglia e entusiasmo per migliorare. D'altronde band come i Cheap Wine o i Lowlands ce lo hanno insegnato: l'America è proprio qui dietro l'angolo, anche nella nostra provincia più sperduta. Basta solo cercarla. (  7)
(Nicola Gervasini)

www.theminingtown.com


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