Pulin
and The Little Mice Hard
Times Come Again No More [Pulin
& The Little Mice 2014]
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under: old time, roots music
di Fabio Cerbone
C'è modo e modo di affrontare il grande, periglioso mare
della tradizione, e quello dei liguri Pulin and The Little Mice è uno dei
più sinceri e freschi che sia capitato di sentire di recente, quanto meno fra
quelle giovani leve italiane che da tempo stanno appropriandosi con affetto dei
suoni roots. Piace l'approccio del loro esordio Hard Times Come Again No
More (dall'omonimo classico di Stephen Foster, quello di Oh Susanna) perché
pur conservando una chiara dipendenza dal folklore americano (e dalla lezione
di band come Old Crow Medicine Show), insomma dall'incontro delle radici bianche
e nere del blues e del country, le affronta senza ossequiose riproposizioni, ma
"sporcandole" con influssi lontani degli immigrati europei, incastrando una coda
di sea shanties del folk inglese o una giga di irish music, persino piccoli sprazzi
di canzone popolare autoctona e francese dentro i vari traditional che vengono
riletti nella scaletta del disco. Sono in quattro (Marco Crea, Marco Poggio, Matteo
Profetto, Giorgio Profetto) maneggiano strumenti "antichi" e fuori del
tempo, tra chitarre acustiche (rigorosamente Martin, come indicato nelle note,
e certi dettagli sono importanti), ukulele, armoniche, tin whistles e un armamentario
di percussioni che mischiano washboard, cucchiai e bodhran per ricreare le atmosfere
di cui sopra. L'effetto è forse naif, certamente rustico come si conviene ad una
orchestrina da strada, ma di grande profondità: non potrebbero altrimenti passare
indenni dalle riletture di St. James Infirmary,
Goodnight Irene o dall'iniziale Ain't No Grave
Gonna hold My Body Down (miscelata alla brezza irlandese di The
Old Maid of Galway). E invece l'esame è passato a pieni voti, anche per l'utilizzo
delle voci, spesso tenere e fuori dai canoni più crudi del roots americano. Se
dovessimo proprio muovere un piccolo appunto per il futuro dei Pulin and The Little
Mice è proprio nell'allenamento delle voci soliste, che in episodi quali Hard
Travelin' o Deep Ellum Blues avvrebbero
bisogno di maggiore convinzione. Un dettaglio, per un'altra giovane band alla
ricerca del passato sena timori reverenziali.