Red
Wine Serenaders D.O.C.
[Totally Unnecessary Records 2011]
Formidabile combo dal vivo, di quelli che valgono chilometri al fine di ascoltare
la loro "rendition" di You Must Come It At The Door, vecchio classico del
gospel, o il finale a base della loro canzone simbolo, Drinkin' Wine Spo-Dee-O-Dee
che Sticks McGhee firmò con tanta lungimiranza; e molto altro. Ed è il primo asso
nella manica di Veronica Sbergia e compagni, la raffinatezza della loro ricerca.
Formidabile è la parola giusta: la band ha dalla sua doti di grande rilievo, in
primo luogo verve e autoironia le quali, unite a una conoscenza profondissima
e un po' di più, fanno un che di estremamente accattivante; in secondo luogo l'amore
per il particolare e per la proposta "Doc", com'è il titolo di questo bellissimo
disco (titolo tanto breve quanto intelligente), la cura e la naturalezza con cui
riescono a rendere i pezzi, tutti pressoché provenienti dal patrimonio tradizionale
di più antica memoria; ultimo, forse il più importante, la non comune capacità
di trasferire su solco (una volta forse; oggi è il file mp3) la loro carica dal
vivo.
Veronica Sbergia può contare su una grande voce, da gentildonna
del classic blues, ma con una irresistibile increspatura sui toni poco più che
medi; l'insostituibile ritmica è cifrata dal washboard e dal contrabbasso di Alessandra
"Suono-anche-con-i-guanti-se-è-freddo" Cecala, ottimo supporto per gli intrecci
delle chitarre di Max DeBernardi e Mauro Ferrarese. E' un tripudio di suoni, mandolini,
kazoo, ukulele, slide, da parte di musicisti di grande esperienza e valore. Cosicché
Sbergia ha tolto il proprio nome dall'intestazione e il disco risulta dunque accreditato
semplicemente ai Red Wine Serenaders, nome ideale per una jug band delle
origini; ed è infatti con un brano della Memphis Jug Band che Doc inizia, per
la precisione On The Road Again, sottolineato
dall'armonica di Marcus Tondo.
La tradizionale Out
On The Western Plains, canzone di Leadbelly guidata con una buona dose
di spirito dalla bravissima Alessandra (ne fece una splendida versione Rory Gallagher),
si frappone tra I'd Rather Drink Muddy Water
e l'eccellente In My Girlish Days, che fu
nelle mani di Memphis Minnie e che Veronica interpreta con padronanza. Leadbelly
"pancia di piombo" è solo uno dei personaggi transitati in studio per l'occasione:
ci sono Sam Chatmon con tutti i Mississippi Sheiks al gran completo, per una It
Calls That Religion proprio doc, c'è Casey Bill Weldon con Did
You Mean? (ottimo il solo di chitarra); il jazz non s'intreccia più
con il blues come allora, come nel 1931 di You Rascal You, che insieme a Linin'
Track (ancora Leadbelly) e al traditional Samson
& Delilah completa il disco di questa, dicevamo all'inizio, formidabile
band. (Roberto Giuli)