The Rusties - Wild
Dogs
[Tube Jam Records 2011]
Eddie Cat - The
Urban Sessions [Eddie
Cat 2010]
Ulteriore passo nella direzione di una completa autonomia artistica, Wild
Dogs è un punto di arrivo per The Rusties dopo quella coraggiosa
svolta avviata dal precedente Move
Along, quando la band ha deciso consapevolmente di abbandonare
il semplice ruolo di ossequianti discepoli di Neil Young per tentare di costruirsi
un reperotrio personale. In questo senso il nuovo lavoro è un altro balzo in avanti,
la più matura espressione fino ad oggi del rock dai profumi settanteschi dei Rusties,
che tuttavia confermano la loro versatilità sconfinando in canzoni che hanno il
sapore del pop, del folk e della tradizione, a seconda dei sentimenti espressi
in ogni singolo episodio. Il disco arriva dopo un lungo rodaggio sulla strada,
anche costellato da grandi soddisfazioni personali grazie alla partecipazione
a festival di carattere internazionale (soprattuto in Germania, dove Wild Dogs
verrà distribuito dalla Glitterhouse). Gli effetti si riversano sulla produzione
(curata da Marco Grompi, voce principale del gruppo e chitarre, completato dall'inseparabile
Osvaldo Ardenghi, chitarre, da Dario Filippi, basso, Paolo Guerini, batteria e
Massimo Piccinelli, piano) la quale suona più naturale, diretta, a cominciare
dall'accoppiata iniziale formata da Hollow
e Lady Rider. Rock arioso ed elettrico che
mette in chiaro l'ascendente younghiano e "rugginoso" (il nome non mente) della
band, senza fermarsi per questo ad una semplice imiatzione. Lo dimostra in particolar
modo il resto del materiale, che come anticipato regala a questo giro numerose
sorprese: se gli ospiti (soprattutto la cantante irlandese Mary Coughlan
che presta la voce nella title track e in una bonus track, Razor
Love, che tributa ancora gli onori a Neil Young) possono sembrare un
ostacolo all'espressione dei Rusties, in realtà canzoni come la maliziosa Lose
My Love o l'irruneta The Ungrateful Child
testimoniano la bontà del materiale originale. La prima ad esempio
è una irresistibile pop song con venutare funky che sembra mischiare lo stile
rock della formazione con i Doobie Brothers, mentre le più introspettive Not
Enough Love e Oh Rory (dedica a
Rory Gallagher, scritta da Osvaldo Ardenghi con la collaborazione del songwriter
Andy White) si sbilanciano verso l'anima folk chiedendo aiuto al violino di Jada
Salem e alla voce di Veronica Sbergia. Potremmo definirli davvero Hard
Dreamers questi Rusties, dal titolo dell'omonima chiusura di Wild Dogs,
altra ballata dall'orizzonte sognante e "westcoastiano": con una certa
tenacia sono riusciti realmente a farsi largo dal fardello della semplice passione
da fan a qualcosa di naturalmente più composito e sostanzioso. (
7.5) (Fabio
Cerbone)
www.rusties.it
Implicazioni West Coast, di quelle più morbide ed echeggianti ad esempio le levigate
ambientazioni degli Steely Dan, in qualche modo si avvertono anche nel lavoro
di Edward Catalini, in arte Eddie Cat, autore di origini italo-inglesi
(e l'efficacia della pronuncia si riflette sulla delicata interpretazione vocale,
tra le carte vincenti dell'album) che in questo The Urban Sessions
rispolvera un cantautorato pop rock di chiara scuola settantesca, senza dimenticare
però di aggiungervi una nota più moderna ed elettrica. Un disco curato nei dettagli
e suonato con attenzione a melodia e arrangiamenti da un manipolo di ottimi musicisti
tra cui si distinguono Amir Karalic alle chitarre, Paolo Muscovi alla batteria,
Marco Seghene al basso e Fabio Valdemarin all'organo e pianoforte, quartetto base
al quale si aggiungono volentieri le colorazioni del violino di Tony Kozina e
il sax di Marco Castelli. Registrato a Trieste e masterizzato agli Sterling sound
di New York, può vantare dalla sua parte un sound accattivante e pulitissimo,
che ricorda altre recenti incursioni in questi territori segnalate in Made in
Italy (soprattutto Stefano Frollano e Francesco Lucarelli). Rimandano a questa
impostazione la sinuosa ballata jazzy pop She,
la più acustica e sfumata Madly, fino a sfociare
nelle ampie aperture melodiche di Fill My Heart e
When You Think You've Had Enough, con tutti
i pregi e difetti di un simile gusto musicale. Agli occhi di chi scrive resta
infatti sempre l'impressione di una nitidezza fin troppo luccicante, del pericolo
insomma di finire in un gradevole easy listening (Invincible,
la più "radiofonica" e maliziosa della raccolta) che tuttavia snatura un poco
le qualità di Eddie Cat come autore (evidenti nell'apertura pianistica di Abstinence
In a Page). Se riuscirà a mediare fra questi diversi istinti, senza
eccedere in qualche manierismo sonoro di troppo, potrebbe offrire forse una musica
meno affettata. (
6) (Fabio
Cerbone)
www.eddiecat.com
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