inserito 25/02/2011

The Rusties - Wild Dogs  [Tube Jam Records  2011]  
Eddie Cat -
The Urban Sessions  [Eddie Cat  2010]

Ulteriore passo nella direzione di una completa autonomia artistica, Wild Dogs è un punto di arrivo per The Rusties dopo quella coraggiosa svolta avviata dal precedente Move Along, quando la band ha deciso consapevolmente di abbandonare il semplice ruolo di ossequianti discepoli di Neil Young per tentare di costruirsi un reperotrio personale. In questo senso il nuovo lavoro è un altro balzo in avanti, la più matura espressione fino ad oggi del rock dai profumi settanteschi dei Rusties, che tuttavia confermano la loro versatilità sconfinando in canzoni che hanno il sapore del pop, del folk e della tradizione, a seconda dei sentimenti espressi in ogni singolo episodio. Il disco arriva dopo un lungo rodaggio sulla strada, anche costellato da grandi soddisfazioni personali grazie alla partecipazione a festival di carattere internazionale (soprattuto in Germania, dove Wild Dogs verrà distribuito dalla Glitterhouse). Gli effetti si riversano sulla produzione (curata da Marco Grompi, voce principale del gruppo e chitarre, completato dall'inseparabile Osvaldo Ardenghi, chitarre, da Dario Filippi, basso, Paolo Guerini, batteria e Massimo Piccinelli, piano) la quale suona più naturale, diretta, a cominciare dall'accoppiata iniziale formata da Hollow e Lady Rider. Rock arioso ed elettrico che mette in chiaro l'ascendente younghiano e "rugginoso" (il nome non mente) della band, senza fermarsi per questo ad una semplice imiatzione. Lo dimostra in particolar modo il resto del materiale, che come anticipato regala a questo giro numerose sorprese: se gli ospiti (soprattutto la cantante irlandese Mary Coughlan che presta la voce nella title track e in una bonus track, Razor Love, che tributa ancora gli onori a Neil Young) possono sembrare un ostacolo all'espressione dei Rusties, in realtà canzoni come la maliziosa Lose My Love o l'irruneta The Ungrateful Child testimoniano la bontà del materiale originale. La prima ad esempio è una irresistibile pop song con venutare funky che sembra mischiare lo stile rock della formazione con i Doobie Brothers, mentre le più introspettive Not Enough Love e Oh Rory (dedica a Rory Gallagher, scritta da Osvaldo Ardenghi con la collaborazione del songwriter Andy White) si sbilanciano verso l'anima folk chiedendo aiuto al violino di Jada Salem e alla voce di Veronica Sbergia. Potremmo definirli davvero Hard Dreamers questi Rusties, dal titolo dell'omonima chiusura di Wild Dogs, altra ballata dall'orizzonte sognante e "westcoastiano": con una certa tenacia sono riusciti realmente a farsi largo dal fardello della semplice passione da fan a qualcosa di naturalmente più composito e sostanzioso. (  7.5)
(Fabio Cerbone)

www.rusties.it



Implicazioni West Coast, di quelle più morbide ed echeggianti ad esempio le levigate ambientazioni degli Steely Dan, in qualche modo si avvertono anche nel lavoro di Edward Catalini, in arte Eddie Cat, autore di origini italo-inglesi (e l'efficacia della pronuncia si riflette sulla delicata interpretazione vocale, tra le carte vincenti dell'album) che in questo The Urban Sessions rispolvera un cantautorato pop rock di chiara scuola settantesca, senza dimenticare però di aggiungervi una nota più moderna ed elettrica. Un disco curato nei dettagli e suonato con attenzione a melodia e arrangiamenti da un manipolo di ottimi musicisti tra cui si distinguono Amir Karalic alle chitarre, Paolo Muscovi alla batteria, Marco Seghene al basso e Fabio Valdemarin all'organo e pianoforte, quartetto base al quale si aggiungono volentieri le colorazioni del violino di Tony Kozina e il sax di Marco Castelli. Registrato a Trieste e masterizzato agli Sterling sound di New York, può vantare dalla sua parte un sound accattivante e pulitissimo, che ricorda altre recenti incursioni in questi territori segnalate in Made in Italy (soprattutto Stefano Frollano e Francesco Lucarelli). Rimandano a questa impostazione la sinuosa ballata jazzy pop She, la più acustica e sfumata Madly, fino a sfociare nelle ampie aperture melodiche di Fill My Heart e When You Think You've Had Enough, con tutti i pregi e difetti di un simile gusto musicale. Agli occhi di chi scrive resta infatti sempre l'impressione di una nitidezza fin troppo luccicante, del pericolo insomma di finire in un gradevole easy listening (Invincible, la più "radiofonica" e maliziosa della raccolta) che tuttavia snatura un poco le qualità di Eddie Cat come autore (evidenti nell'apertura pianistica di Abstinence In a Page). Se riuscirà a mediare fra questi diversi istinti, senza eccedere in qualche manierismo sonoro di troppo, potrebbe offrire forse una musica meno affettata. (  6)
(Fabio Cerbone)

www.eddiecat.com


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