Sturgill Simpson
Metamodern Sounds In Country Music

[Loose music 2014]

www.sturgillsimpson.com

File Under: honky tonk, country rock

di Davide Albini (23/05/2014)

Orfani degli outlaw di tutto il mondo riunitevi, Sturgill Simpson è tornato a colpire ad un solo anno di distanza dal suo notevole esordio High Top Mountain. Sono stagioni di buon raccolto per il genere, mi pare di poter dire. Mentre aspettiamo il prossimo passo discografico di Jamey Johnson (sperando che a Nashville non gli cambino il vestito), appresa con piacere l'esistenza di atipici cowboy canadesi come Daniel Romano e Corb Lund, sulle tracce di Gram Parsons, possiamo aggiungere definitivamente anche il nome di Simpson alla grande tavola di questi novelli "fuorilegge". La voce di questo autore del Kentucky, trasferitosi nella capitale della country music, continua a ricordare paurosamente lo spirito di Waylon Jennings, sua vera, direi quasi esclusiva musa, anche se il qui ambizioso Metamodern Sounds in Country music (titolo un po' enfatico) cerca di allargare gli obiettivi, riuscendoci in parte. Registrato in soli quattro giorni presso gli studi di Dave Cobb (guarda caso un produttore che ha lavorato con talenti come Jason Isbell, il citato Jamey Johnson e Shooter Jennings...tanto per capire da che parte andiamo a parare), l'album, breve e dritto al punto come si direbbe, è stato concepito insieme alla touring band di Sturgill e senza le partecipazioni altisonanti che impreziosivano il suo debutto.

Sono infatti il basso di Kevin Black, la batteria di Miles Miller e soprattutto le chitarre di Laur Joamets a sostenere il vocione baritonale e potente di Simpson, senza troppi compromessi e cercando probabilmente di catturare in studio l'intesa del palco. Nella prima parte si può ben dire che ci siano riusciti: la cinquina iniziale è da leccarsi i baffi per chi insegue un country rock arcigno, tradizionale e fedele alla linea. Turtles All The Way Down, strano testo su amore, droga e religione (temi che insieme alla filosofia emergono in maniera singolare per un disco d country music), ispirato al dottore delle sperimentazioni allucinogene Rick Strassman, è un classico al primo istante, cadenzato outlaw country che sa di pieni anni Settanta, da qualche parte fra Jennings e Billy Joe Shaver. Life of Sin dà i 4/4 in partenza e si lancia in un ritmo honky tonk più pepato, mentre la slide di Living The Dream e le sue atmosfere bluesate si spostano sulle strade del Deep South. Chitarra e piano nella ballata Voices credo sbuchino direttamente dai solchi di Honky Tonk Heroes di Jennings, un santino che Sturgill Simpson non pare proprio voler mollare. Quando arriva Long White Line poi, è l'apoteosi della mitologia della strada, autentica truck drivin' song che esalta il suono crudo delle Telecaster (o almeno piace immaginarle così).

La curiosa scelta di reinterpretare in chiave country romantica il brano The Promise, un ripescaggio del trio dance pop inglese When In Rome, o i giochetti moderni con i loop ritmici infilati nella psichedelica It Ain't All Flowers la dicono lunga sul presunto conservatorismo e la macanza di originalità di artisti come Simpson. Sono forse degli "stilisti", ma non si prendono troppo sul serio: la trovata funziona, anche se non nego che lo sbuffare rockabilly alla Johny Cash di A Little Light Within' (un minuto e mezzo di vera goduria) o il dolce walzer di Pan Bowl piazzata come bonus track siano alla fine più efficaci. La conferma che aspettavamo, Sturgill Simpson è un osso duro.


   


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