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power pop, pop rock di
Davide Albini (24/06/2016)
È
una sorpresa scoprire che gli scozzesi Dropkick sono sulla breccia dal
2001 e che nel frattempo hanno pubblicato la bellezza di quattordici dischi. Band
prolifica, e un po' mi sento in colpa per non averne mai sentito parlare. Certo,
stiamo trattando i "bassifondi" del rock, gruppi indipendenti, ma il quintetto
di Edimburgo non è esattamente una realtà locale. Quattro gli album incisi per
un'etichetta svedese e diffusi in tutta Europa, diversi anche in Spagna, dove
i loro tour sono regolari e il seguito è cresciuto enormemente negli ultimi anni,
tanto da diventare la loro seconda patria. Anche la radio nazionale (BBC) si è
accorta di loro, trasmettendo qualche brano e nominando Do The I del 2008
come "album della settimana".
Non conoscendo la loro storia precedente,
è difficile certificare la qualità dell'attuale Balance the Light
rispetto al passato, ma giudicando dalla freschezza delle melodie, i Dropkick
non fanno la figura di quei vecchi marpioni del rock'n'roll che si affidano solo
all'esperienza o al mestiere. Sembra esserci vita in queste canzoni, una certa
vivacità, anche se lo stile è riconoscibilissimo. Potremmo scomodare quel filo
rosso che lega i Big Star ai Jayhawks, il power pop più chitarristico all'alternative
country della provincia americana, anche se, data la provenienza dalla Scozia,
il nome più facile da spendere sarà quello dei Teenage Fanclub. I Dropkick di
Balance the Light sono forse più ruspanti, diciamo anche meno baciati dal talento,
ma qualche melodia cristallina l'azzeccano e in quei frangenti emergono in tutta
la loro gradevolezza.
Le chitarre jingle jangle di Andrew Taylor e Roy
W. Taylor (pare non ci sia nessun parentela fra i due) e l'organo di Ian Grien
sono il collante di dieci canzoni che partono dalle suggestioni in stile Wilco
dell'iniziale Save Myself (la band di Jeff
Tweedy approverebbe la psichedelica coda finale) e arrivano al roots rock rotondo
e agrodolce di I Wish I Knew e Out
of Love Again, dove il legame sentimentale mi ha rigettato in pieni
anni Novanta, dentro quel suono alt-country d'annata, dal tono sempre un po' malinconico,
che unisce acustico ed elettrico. Qui di esempi, sotto forma di ballata, ce ne
sono parecchi e se Where Do You Think I Went Wrong? o Along Way to Go
non sono esattamente dei capolavori, mostrano comunque un gusto per la bella scrittura
e la cura delle voci che non è affatto comune.
I quindici anni di carriera
vorranno pur dire qualcosa - Andrew Taylor fondò la band con il fratello Alastair,
poi dimissionario, intorno al 2000 - e chi ha un debole per melodia e rock'n'roll
troverà piccoli tesori corrispondenti ai titoli di Slow
Down, dove la linea di comunicazione con i Teenage Fanclub è diretta,
e Think for Yourself, tra chitarre dai sapori younghiani e una linea di
organo che ci riporta alla stagione di Hollywood Town Hall, il capolavoro dei
Jayhakws.