The Mystix
Mighty Tone
[
Mystix Eyes
2012]

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File Under: Americana, pub rock

di Davide Albini (29/10/2012)

Il quintetto di Boston, incontrato sulle nostre pagine con l'interessante Blue Morning del 2008, torna sul luogo preferito, ovvero al cuore del rock'n'roll americano cosparso di blues. Questa volta prestano più attenzione alle loro radici e ai padri ispiratori, imbottendo Mighty Tone di ricercate cover dal passato. Il segnale potrebbe dunque essere quello di una certa stanchezza di ispirazione, ma il gioco di squadra mi pare che funzioni ancora e la band certamente suona con un'intesa eccezionale, da veterani. Vecchie volpi della scena rock blues della East Coast insomma, che proseguono un po' la tradizione di quello che un tempo avremmo chiamato "pub rock". L'impostazione è simile, musicisti bianchi innamorati delle dodici battute e più in generale della tradizione, dove il forte legame con la matrice black non viene mai celato: in Mighty Tone poi si aggiunge anche l'armonica della leggenda Jerry Portnoy (Muddy Waters band) e il cerchio in qualche modo si chiude.

Come anticipato, il nuovo album di questi infaticabili gregari bostoniani si apre al repertorio altrui, scegliendo con cura maniacale episodi "bianchi" e "neri", mettendo insieme il cantastorie folk Jimmie Rodgers (suo il brano scelto in apertura, Blues #4, sorta di adattamento della famosa Blues Yodel #4) e il mito country Ernest Tubb (Mean Woamn Blues) con il patriarca gospel Pop Staples (Wish I Had Answered) e il misconosciuto eroe del primo r&b Floyd Dixon (Time Brings About a Change). Le qualità per cogliere le diverse sfumature di questi stili non mancano a Jo Lily (voce principale, dall'infoncondibile timbro rauco), Bobby Keyes (chitarre), Marty Ballou (basso), Marty Richards (batteria) e Tom West (tastiere), pescando a piene mani dalla fonte dei linguaggi country blues, gospel, chicago blues e persino old time (le presenze di dobro e lap steel, con gli ospiti Kevin Barry e Jerry Tillman sono un punto di appoggio essenziale). Non difettano comunque episodi originali, firmati come sempre da Lily, il quale cerca la via più semplice per far esplodere le tonalità scure e bluesy della sua voce: in Mighty Love l'atmosfera è rovente e l'amornica di Portnoy trascina il brano in qualche veccho juke joint, mentre la quasi omonima title track toglie la polvere da dobro e fiddle, finendo per abbracciare il country più rurale, sudista e schietto dell'era pre nashvilliana.

L'alternanza fra campagna e città, elettrico e acustico, è la chiave di lettura del disco, una bella lezione di storia non c'è che dire: The Mystix sono troppo scafati per non sapere che il segreto sta nel feeling strumentale e qui c'è davvero classe da vendere, persino con un numero jazzy sofisticato e decisamente retrò come Jelly Roll, salvo tornare al country blues più paludoso per acustica, dobro e piano di Keep On Walkin' oppure ai ficcanti spunti honky tonk della chitarra di Keyes in un altro oscuro classico dal titolo I Believe I'll Run On. Il sipario cala con il traditional Too Close, chiudendo il viaggio al punto di partenza, un blues, chitarra acustica e armonica, in un'evocazione degna di Sonny Terry e Brownie McGhee.


    


<Credits>