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dark folklore di
Luca Volpe (30/12/2016)
In
casa Slim Cessna qualcosa si muove. Dopo tre lustri di dischi tra il pessimo
e il discreto, il suo Autoclub rilascia il nuovo lavoro, ovvero The Commandments
According to Scac. L'argomento religioso e le particolari doti musicali
non sono mutate, bensì evolute verso un nuovo livello, che fanno di questo torbidissimo
e controverso album (per paradosso) il classico lavoro di transizione in un'epoca
di transizione come la nostra. Un disco oscuro, dominato da banjo ossessivo, chitarra
elettrica meditante, basso plumbeo e batteria dark. I richiami all'universo musicale
cupo più prossimo alla cavalcata ventennale del progetto sono individuabili: oscillano
fra Cohen e Dylan, ma collegati da un'attitudine paragonabile a dei Fuzztones
guidati da Stan Ridgway o Scott Walker.
Gli yodel di Cessna si sono eclissati,
la sua voce viene usata in maniera più concentrata, mentre sono i cori il piatto
più difficile da approcciare. I brani sono dominati da una musicalità che mira
a disorientare: le composizioni sono assemblaggi drammatici di parti diverse e
gli arrangiamenti spesso entrano in voluta contraddizione con le strutture; ciò
crea un metastraniamento che amplifica l'approccio ad un gruppo mai stato facile.
Ma come sono questi comandamenti? Il primo è costruito sulla struttura classica
introduzione, strofa e ritornello, ma si transita da un country paesano attraversato
da incertezze ad un ritornello tragico ed esaltato assieme. Il secondo è un brano
d'attesa per il terzo, una grottesca desolazione di lotta fra cori bizzarri e
musicalità arabeggiante. Il quarto gioca con gli insulsi cori pop contemporanei
volgendoli ad un inaspettato tono macabro. Il quinto è un Morricone dark con assolo
garage di chitarra (filologicamente corretto, essendo entrambi della stessa epoca).
Il sesto è gospel-pop, spezzato dalle stranianti tastiere di Rebecca Vera.
Nel
finale il disco s'indurisce: il settimo è un rock pieno di retromarce e deviazioni,
guidato dalla sezione ritmica mentre gli altri decostruiscono il rock'n'roll (la
metafora concettuale di tutte queste canzoni); il finale giunge, per i percorsi
più originali addirittura a lambire i nostrani Rovescio della Medaglia. L'ottavo
è un riassunto, mentre il nono dopo l'escalation complessiva (ascesa o discesa?)
concede tregua con un dialogo fra le parti venato d'intimismo. Il brano finale
è straordinariamnete byrdsiano, quasi a dire che esiste una possibilità di redenzione.
Un lavoro di contrasti, un gioco complesso dove la produzione è essa stessa un
gioco sul gioco: potrebbe essere stato fatto in qualunque decennio glorioso, ma
l'attitudine e il senso di spaesamento un po' cinici lo identificano come odierno.
Come ennesimo paradosso, un incontro di raffunatezza e squallore. Cessna
ha compreso di dover uscire dall'impasse e quindi ha scelto come mentore alla
lontana il maestro di Barstow, ma con una differenza: come Ridgway è ironico Cessna
è sarcastico, e la differenza fra i due la illustrò a suo modo Hugo Pratt in un
suo fumetto.