The Dream Syndicate
How Did I Find Myself Here?
[
Anti-/ Self
2017]

thedreamsyndicate.com

File Under: Paisley's shadows

di Fabio Cerbone (11/09/2017)

Comunque andranno i fatti - vendite, recensioni, tour imminente - sarà senz'altro uno dei momenti più dolcemente nostalgici di questo 2017 per il popolo del rock'n'roll, con tutta la buona fede e persino le dimensioni "underground" che riconosciamo ad un progetto, quello dei Dream Syndicate, che certo non può essere tacciato di bieca operazione da baraccone del business musicale. Qui dentro scorrono la dignità di una storia, dei volti e un sacro fuoco elettrico che mantengono le distanze da operette un po' farsesche a cui siamo stati abituati in queste stagioni: a quasi trent'anni dall'ultimo disco di studio della band, Ghost Stories, a ventotto esatti dal loro sciogliemento ufficiale, il virulento epitaffio dal vivo Live at Raji's, The Dream Syndicate riannodano i fili della loro vicenda artistica sull'onda dell'entusiasmo e delle buone prospettive che i concerti reunion di questi anni avevano tracciato.

Li avevamo visti in azione sul palco, nuovamente vitali seppure non "indispensabili" come un tempo, li ritroviamo adesso in How Did I Find Myself Here? Ed è la domanda sacrosanta che si pone Steve Wynn, deus ex machina del gruppo, nello scrivere le nuove canzoni, come ammette egli stesso una sorta di riflessione su cosa sia accaduto ai personaggi, ai luoghi e alle storie che animavano i primi giorni di gloria della band. Insieme a lui, per questa ripartenza in casa Anti-, c'è soltanto la batteria di Dennis Duck quale vero superstite dei giorni della fondazione, ai quali si aggiungono il basso di Mark Walton, protagonista della seconda era del gruppo e la chitarra di Jason Victor, ormai spalla ideale di Wynn nonché animatore dei Miracle Three, la formazione che ha accompagnato una buona fetta della carriera solista di Steve. E il livore elettrico, le tinte bluastre e iponotiche, l'impetuoso frastuono tra punk rock e stridori noise che avvolge How Did I Find Myself Here? sembra proprio un compromesso o meglio una sintesi fra questi due momenti: è un aggiornamento all'oggi di The Days of Wine and Roses, l'esordio dei Dream Syndicate e l'album concettualmente più vicino alle nuove composizioni, e l'avventura più misconosciuta dei citati Miracle Three.

Altrimenti non poteva essere, tanto che se questo disco fosse uscito a nome Steve Wynn non avremmo trovato davvero nulla da eccepire: ma una mossa da vecchio marpione gliela concediamo e comprendiamo pure che quella sigla, The Dream Syndicate, sortisca ben altri effetti. Così il primo singolo Glide, le frenesie di Out of My Head, i clangori alternative-rock (quando il termine aveva ancora un senso di antagonismo) di The Circle producono interesse se accompagnati al nome del "sindacato del sogno". Poi resta la sostanza, senza dubbio, e non è poca cosa in How Did I Find Myself Here?: un disco che non deve per forza gareggiare con il mito, semmai lasciarsi apprezzare per quello che può offrire alla causa di un rock'n'roll così poco frequentato e suonato nel 2017 (ma una accozzaglia di oscure e giovani band garage e psichedeliche di questi anni gli devono qualcosa...) da essere ancora più attraente.

Qui ci sono momenti di classe e ballate impreziosite dalle tastiere del vecchio amico Chris Cacavas (quinto membro aggiunto) in Filter Me Through You e Like Mary, così come quelle inevitabili cavalcate che puntualmente trascinano Wynn e soci verso l'orizzonte Velvet-Television (gli undici minuti della title track): nessuna di queste ha la pretesa di sostiuire Tell Me When It's Over, Merritville, Boston o chissà quali altri baluardi della loro produzione passata, e neppure le veementi chitarre di Jason Victor, vero pungolo costante di tutto l'album, potranno cancellare il ricordo di Karl Precoda o Paul B Cutler, gli ex che non sono rientrati in gioco, ma basterebbero gli striscianti, onirici sei minuti finali di Kendra's Dream, scritta e cantata in collaborazione proprio con la prima indimenticata bassista Kendra Smith, per rinsaldare un legame umano e artistico di tutto rispetto.


    


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