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Cool Ghouls
At George's Zoo
[Empty Cellar 2021]

Sulla rete: coolghouls420.bandcamp.com

File Under: 60s sunshine revue


di Fabio Cerbone (12/04/2021)

C’è modo e modo di festeggiare l’anniversario della propria avventura artistica. I Cool Ghouls, a dieci anni esatti dagli esordi, scelgono la soluzione più convincente: pubblicare il disco più maturo in carriera, quindici canzoni che sono la summa di un pensiero nostalgico applicato al rock’n’roll. Facilmente accusabili di manie "retro", avviluppati a una stagione di delizie pop psichedeliche e galoppate garage rock, quello che mette al riparo il quartetto di San Francisco (una città, un destino, verrebbe da dire) è la freschezza invidiabile con la quale maneggiano il passato, la spontaneità che applicano alla materia, passando in rassegna tutto il contenuto di At George’s Zoo nella più totale naturalezza.

Il momento di ispirazione fuori della norma è confermato dal fatto che l’album nasce da un raccolto di ben ventisette composizioni, incise nell’arco di cinque mesi, situazione inedita per i Cool Ghouls, scambiandosi suggerimenti e osando introdurre nel sound collaudato della band una sezione fiati, persino qualche arco sullo sfondo. I risultati non si fanno attendere, e se il nostro primo approccio con il gruppo, Animal Races, ce li aveva presentati come credibili discepoli di un’ennesima neo-psichedelia sulla tracce del Paisley Underground (Rain Parade e Dream Syndicate i parenti più prossimi) e dei sempre riveriti maestri Byrds, oggi lo “zoo di George” è popolato anche da animali più esotici, ovvero sia da soluzioni strumentali che si aprono ad arrangiamenti fantasiosi, dalla materia sognante di It’s Over in apertura a ballate dai colori beatlesiani come Flying, fino a caramelle di sunshine pop californiano quali Land Song, uno dei gioielli del disco.

Pat McDonald (voce e chitarre), Ryan Wong (chitarre), Pat Thomas (basso) e Alex Fleshman (batteria) vivono in una San Francisco sospesa nel tempo e nella storia, senza sporcarsi troppo le mani con la preoccupazione di sembrare contemporanei e peggio allineati al gusto omologato dell’indie rock americano attuale: croce o deliza, fate voi, di chi non si sente figlio del suo tempo musicale, ma di fronte al rotolare spedito di To You I’m Bound, rock dal battito stradaiolo con tanto di assolo di sax, o faccia a faccia con l’incalzante sparata garage psichedelica di Smoke & Fire c’è poco da fare resistenza. L’irresistibile intreccio delle armonie vocali, spesso portate in primo piano, chiude il cerchio e conferma i Cool Ghouls come una di quelle formazioni che scandagliano la storia del rock’n’roll manco si trovassero dentro un museo, dove ogni sala riserva una sorpresa. La differenza con il puro gesto imitativo è sottile (dalle parti di I Was Wrong e Look in Your Mirror l’ombra di Brian Wilson e dei Beach Boys si palesa in tutta la sua forza, mentre l’arpeggio di Feel Like Getting High è più bydsiano dei Byrds stessi), ma la sfida è rimessa soltanto nelle mani dell’ascoltatore, che potrà approcciare lo sfavillio elettrico di In Michoacan e 26th St. Blues o le effusioni folk rock di Helpless Circumstance con un sorriso sulle labbra e una sospensione del giudizio, magari inseguendo i ricordi immacolati di una lontana e innocente "Summer of Love".


    


<Credits>